Ai fini della ricostruzione di carriera del personale docente il periodo di lavoro con contratto a tempo determinato deve essere equiparato, a tutti gli effetti anche economici, al ruolo.
Lo ha sancito l’ordinanza n. 22640 del 2024 emessa dalla Corte di Cassazione, affermando, ancora una volta, il principio comunitario di non discriminazione tra lavoratori con contratto diverso. Lo prevede la clausola 4 dell’Accordo europeo sul lavoro a tempo determinato.
Il caso era nato da una sentenza sfavorevole della Corte di Appello di Brescia alla quale un lavoratore della Scuola si era opposto, rivolgendosi all’ultimo grado di giudizio.
Riformando l’orientamente del giudice di merito, la Cassazione ha sottolineato che:
- l’Amministrazione scolastica deve riconoscere tutti i differenziali stipendiali;
- nel riconoscere questi differenziali l’Amministrazione non può detrarre l’indennità di disoccupazione NASpI, già percepita dal lavoratore durante i mesi estivi di disoccupazione;
- e neppure può detrarre le somme già percepite a titolo di indennità di ferie non godute.
NASpI e Indennità per ferie non possono essere compensate
Uno dei principi che ha sottolineato la Corte di Cassazione è che l’aliunde perceptum, cioè gli importi ricevuti ad altro titolo, in questo caso l’indennità di ferie non godute e la NASpI (erogata da Inps), non sono in grado di ridurre i differenziali retributivi spettanti ai lavoratori della Scuola.
Per cui, ad esempio, se un lavoratore precario ha percepito per 10 anni consecutivi l’indennità NASpI, durante i mesi estivi, ciò non andrà a ridurre gli arretrati stipendiali a cui aveva diritto.
Né l’indennità di ferie maturate e non godute, liquidate al termine del rapporto, possono essere motivo di compensazione con altre competenze economiche.