Le conseguenze del DDL Concorrenza che punta a stabilire un tetto alle commissioni sui buoni pasto sono almeno due: costi più alti per le imprese sì, ma soprattutto la compressione degli aumenti salariali attesi dai lavoratori.
I beneficiari dei ticket per il pranzo, spesso usati anche per fare la spesa, saranno quindi i primi a subire le conseguenze dell’emendamento voluto da Federdistribuzione, l’associazione che rappresenta le principali aziende della Grande Distribuzione Moderna e Organizzata. E’ quanto sostiene su MF – Milano Finanza Matteo Orlandini presidente di Anseb (Associazione Nazionale Società Emettitrici Buoni Pasto).
La richieste di Federdistribuzione
La richiesta delle grandi aziende della GDMO è quella di ridurre i costi delle commissione dei buoni pasto, che oggi ammonta mediamente all’11,50%. La proposta veicolata dall’emendamento prevede l’abbassamento al 5% (un tetto di legge), meno della metà.
Perchè a perderci saranno i lavoratori
Alla fine della fiera a perderci saranno i lavoratori, dicono da Anseb. Il motivo è presto spiegato. Le aziende emettitrici dei buoni pasto si vedranno ridurre gli incassi, a vantaggio della GDMO che tratterrà nelle casse – secondo le prime stime – dai 450/600 milioni di euro.
Conseguentemente, quando venderanno i buoni pasto ai datori di lavoro applicheranno condizioni meno vantaggiose e tariffe piene, in questo modo il maggior costo sostenuto verso le società emettitrici sarà “pagato” dai lavoratori.
Le aziende interverranno su due aree: meno incrementi salariali e stop al rialzo del valore degli stessi buoni pasto. Anche perchè – sottolinea Orlandini – per evitare effetti distorsivi è opportuno che lo stesso DDL Concorrenza si impegni ad alzare la soglia di detassazione del buono pasto fino a 10-12 euro, «così da garantire maggior potere d’acquisto ai lavoratori e di conseguenza maggiori consumi quindi ritorno sugli investimenti per la rete commerciale».