Per i metalmeccanici dell’automotive i sindacati spingono per un aumento medio pari a 180 euro al mese. Lo hanno fatto nella richiesta di rinnovo della parte economica del Contratto collettivo specifico di Lavoro (CCSL) per il biennio 2025-2026 e inviata a CNHI, Ferrari, Iveco e Stellantis.
Metalmeccanici, quali aumenti?
Nel settore dell’automotive, l’ultimo CCSL è stato firmato l’8 marzo 2023 e in tutti i siti gran parte dei lavoratori sono in cassa integrazione.
Per siglare il rinnovo, Fim, Uilm, Fismic, Uglm e AqcfR chiedono un aumento pari all’8,8% della paga base, ossia:
- 185,83 euro di aumento mensile al terzo gruppo professionale;
- 179, 40 euro di aumento mensile alla seconda area professionale.
Ma le richieste di tipo economico non finiscono qui. I sindacati rivendicano anche l’aumento dell’indennità di funzioni direttive e degli istituti connessi, «compreso il premio di risultato annuale che è una percentuale della paga base annua e che quindi va rivalutato insieme ad essa» scrive FIM-CISL in un comunicato stampa.
Inoltre dai sindacati dei metalmeccanici arriva la richiesta di riconoscere 680 euro una tantum, di non procedere all’assorbimento dei superminimi individuali e di verificare indicatori e valori soglia del premio annuale.
Cosa fa Stellantis
Appare difficile che le richieste dei sindacati possano venire accolte in toto. Stellantis, colpita dalla crisi del settore auto e, recentemente, anche dalle dimissioni del CEO Carlos Tavares, attraversa una fase molto complessa, in cui la tutela dei posti di lavoro sembra poter essere prioritaria rispetto agli adeguamenti salariali.
I sindacati dei metalmeccanici auspicavano che le dimissioni di Tavares avrebbero portato a un cambiamento di rotta all’interno delle aziende del gruppo, soprattutto in merito al ricorso alla cassa integrazione. Purtroppo non sarà così. La sospensione della produzione continuerà ad andare avanti in tutti gli stabilimenti, a partire da Mirafiori, Termoli, Cassino e Melfi. Sono coinvolti più di 80 mila lavoratori metalmeccanici, la cui sorte rimane ancora ignota.
L’unica soluzione sarebbe quella di riuscire a vendere più auto elettriche. In questo modo potrebbe riprendere anche la produzione di auto endotermiche.