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Governo conferma: abbiamo tagliato 100€ dalle Busta paga. Salta il Trattamento Integrativo per un Errore

I lavoratori con un reddito annuo tra gli 8.500 e i 9.000 euro nel 2025 subiranno una perdita economico fino a 1.200 euro annui.

La CGIL aveva paventato il rischio, adesso il Governo conferma la brutta notizia. È l’effetto non voluto della nuova versione del taglio del cuneo fiscale.

Trattamento integrativo per gli incapienti

Con la nuova versione del taglio del cuneo fiscale e contributivo, i lavoratori che fino all’anno scorso superavano la soglia di incapienza, quest’anno tornano a essere incapienti.

Il taglio contributivo del 7% applicato nel 2024 ha permesso ai lavoratori a basso reddito di passare da una situazione di incapienza (ossia in cui non si paga l’IRPEF) a essere soggetti contribuenti. Grazie al taglio contributivo, infatti, il reddito imponibile IRPEF aumenta. E se aumenta a tal punto da superare gli 8.500 euro si esce dalla soglia di incapienza e si ha conseguentemente diritto al trattamento integrativo.

Il trattamento integrativo è, come si evince anche dal nome, un’integrazione al reddito pari a 1.200 euro annui, suddivisi in 12 rate mensili da circa 100 euro. I dipendenti con un reddito annuo tra gli 8.500 e i 15.000 euro lo trovano direttamente in busta paga, erogato dal sostituto d’imposta. Per molti è noto anche come Ex Bonus Renzi.

Ma dal 2025 una parte di questi rischia di perderlo.

Perdita da 1.200 euro annui per i redditi bassi

Quest’anno con le modifiche apportate dalla Legge di Bilancio 2025 c’è una nuova versione per il taglio del cuneo: si passa da un meccanismo contributivo a uno fiscale, diventato strutturale.

I lavoratori con un reddito tra gli 8.500 e i 9.000 euro annui diventano incapienti. Non pagano le tasse e di conseguenza non godono di benefici. In particolare gli incapienti non hanno più diritto al trattamento integrativo: per loro, dunque, la perdita è pari a 1.200 euro annui.

Il Governo ha riconosciuto l’errore. L’ammissione arriva dalla sottosegretaria al Mef, Lucia Albano, sollecitata in Commissione Finanze della Camera da M5s e Alleanza verdi e sinistra sulla questione emersa dopo la denuncia della Cgil:

«Non è stato possibile introdurre una clausola di salvaguardia che consentisse a ciascun contribuente di conservare gli stessi benefici del 2024».

L’Opposizione parla di un effetto distorsivo. «Alla fine aveva ragione la CGIL», commenta Tino Magni di Alleanza verdi e sinistra. «Il governo Meloni non risponde alle esigenze dei lavoratori e delle lavoratrici e deve andare a casa». Tuttavia, «Si tratta di un numero assai limitato di soggetti e di una platea che normalmente cambia composizione ogni anno per motivi legati a dinamiche reddituali e del mercato del lavoro: aumento delle retribuzioni, maggiori o minori straordinari, maggiori o minori ore lavorate. Soggetti che rientrano in tale fascia di reddito non sono inquadrabili in una specifica categoria di contribuenti» ha risposto la sottosegretaria.

In ogni caso, l’Esecutivo ha fatto sapere che l’estensione del trattamento integrativo ai lavoratori con un reddito annuo tra gli 8.500 e i 9.000 euro sarà oggetto di “un’attenta valutazione”. Non solo per quanto riguarda il presente, ma anche il futuro.

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