Dal 2014 un insegnante al mese si suicida. Nonostante il corpo docente sia composto all’83% da donne, sono soprattutto gli insegnanti uomini a togliersi la vita. I dati, tragici, emergono dalla ricerca condotta da Vittorio Lodolo D’Oria, medico specializzato nelle patologie da stress da lavoro.
Vediamone i potenziali motivi e le possibili soluzioni.
Quanti sono gli insegnanti che si suicidano
Per i più l’insegnante è una figura molto invidiata che non ha nulla di cui lamentarsi: è un dipendente pubblico che «lavora quattro ore al giorno e ha tre mesi di vacanza». La realtà è tutt’altra.
Il lavoro di Lodolo D’Oria – compreso quest’ultimo dossier sui “suicidi degli insegnanti” pubblicato su LabParlamento, quotidiano online di analisi e scenari politici – dimostra che gli insegnanti, più di ogni altra categoria professionale, sono affetti da un “male di vivere” che troppo spesso sfocia in un atto estremo.
Tra il 2014 e il 2024, infatti, ci sono stati 110 casi di suicidio, praticamente uno al mese, escludendo luglio e agosto, quando le lezioni sono sospese. In media, ogni anno, si sono verificati da un minimo di 6 a un massimo di 11 casi, con un picco di 26 insegnanti morti suicidi nel 2017 «senza alcuna spiegazione apparente».
Le cause
Studiarne e capirne le cause rimane tuttora difficile, non solo per la vaghezza dei dati a disposizione. L’Istat, per esempio, pubblica i dati sui suicidi in Italia ma non li stratifica per professione. Ma anche per via di una reticenza da parte degli addetti ai lavori di analizzare il problema. A fine 2023, infatti, Lodolo D’Oria aveva pubblicato un primo studio sul fenomeno, già allarmante. Ora, a oltre un anno di distanza, i dati di questa seconda indagine confermano le stesse evidenze: «segno che, nel frattempo, il dossier dei suicidi tra gli insegnanti non è stato nemmeno aperto» scrive Avvenire di mercoledì 5 febbraio.
«L’Italia – ricorda Lodolo D’Oria – si è finora addirittura rifiutata (attraverso il Ministero Economia e Finanza) di fornire a università e sindacati o, in alternativa, di processare in proprio i dati relativi ai 20 anni di attività dei Collegi medici di verifica regionali del Mef (2004-2024) per riconoscere ufficialmente le malattie che causano le inidoneità/inabilità all’insegnamento. Queste ultime – sottolinea l’esperto – secondo le ricerche oggi disponibili, presentano diagnosi psichiatriche nell’80% dei casi (cinque volte di più delle disfonie) e potrebbero spiegare, almeno in parte, l’alto tasso suicidario contro cui occorre attuare la prevenzione di legge del decreto 81 sulla sicurezza dei lavoratori ancora oggi inapplicata, se non addirittura ignorata».
Alla base, dunque, potrebbero esserci delle diagnosi psichiatriche che comportano l’inidoneità o l’inabilità a insegnare. Ma i dati dei Collegi medici di verifica regionali non arrivano alle università o ai sindacati e, pertanto, il problema non può essere né analizzato né risolto. Un modo per arginare il problema però potrebbe esserci.
La soluzione: insegnanti in pensione prima
Tra le contromisure proposte da Lodolo D’Oria per contrastare il fenomeno dei suicidi tra gli insegnanti, spiega Avvenire, ci sarebbe la revisione delle regole pensionistiche. Questa andrebbe fatta prendendo in considerazione le reali «condizioni di salute professionale dei docenti».
Il sindacato autonomo Anief lo chiede da tempo: attraverso una petizione online, la sigla ha raccolto più di 100 mila firme per portare l’età pensionabile degli insegnanti a 60 anni, proprio «come per forze armate e polizia», dice il presidente nazionale Marcello Pacifico: «Il 35% dei docenti vuole licenziarsi: diciamo stop al burnout».
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