Migliaia di pratiche ISEE saranno presto riviste al ribasso e le famiglie finora escluse potranno quindi accedere a determinate prestazioni o a rette inferiori.
È l’effetto dell’esclusione dall’ISEE dei titoli di Stato e dei buoni fruttiferi. Che, tuttavia, non è ancora operativo. Le famiglie che hanno già presentato la DSU saranno quindi costrette a presentarne una nuova non appena la procedura sarà aggiornata.
Titoli di Stato fino a 50.000 euro fuori dall’ISEE
Secondo i dati dell’INPS, da gennaio a oggi sono già stati attestati oltre 4,6 milioni di ISEE ordinari. Di questi, il 28% elaborati finora dalla rete dei Caf Acli contiene – nel patrimonio mobiliare – titoli di Stato o prodotti di risparmio postale con garanzia pubblica. Lo rende noto Il Sole 24 Ore in un articolo del 17 febbraio. “In particolare – continua il quotidiano – tra gli ISEE sotto i 15mila euro, una pratica su cinque circa include BTp, buoni fruttiferi o libretti postali. Un’incidenza che sale intorno al 40% tra gli ISEE oltre i 25mila euro“.
La decisione di scorporare i titoli di Stato fino a 50.000 euro dall’ISEE introdotta con la legge di Bilancio 2024, infatti, per adesso non ha dato effetti pratici. Potrà entrare in vigore solo una volta che il decreto attuativo verrà pubblicato in Gazzetta ufficiale. Il 10 febbraio scorso il testo ha ottenuto il via libera della Corte dei conti, ma al momento è fermo all’ufficio legislativo per un refuso da correggere prima della pubblicazione.
Resta ancora da capire se la soglia dei 50.000 euro “scomputabili” sia relativa alla somma degli importi detenuti da tutti i componenti del nucleo oppure dal singolo richiedente. A fornire una risposta sarà il decreto in pubblicazione a breve. Ma anche il nuovo modello Dsu “senza titoli di Stato”, al quale l’INPS e il ministero del Lavoro stanno lavorando in queste settimane.
Quanto può costare rifare l’ISEE
Certamente, il fatto che ancora lo scorporo dei titoli di Stato fino a 50.000 euro dall’ISEE non sia effettivo comporta non poche conseguenze per le famiglie.
Con un ISEE più alto, infatti, il rischio è quello di rimanere esclusi da determinate prestazioni. Oppure, per le prestazioni il cui pagamento va in base alla soglia ISEE (es. tasse universitarie) il rischio è quello di dover pagare una somma più onerosa.
Inoltre, specifica Il Sole 24 ore, “va chiarito che l’eventuale ricalcolo di un ISEE già attestato sarà a pagamento“. Dal 1° ottobre 2023, infatti, le Dsu successive alla prima inviate dal medesimo nucleo familiare non sono più gratuite. Secondo le indicazioni della Consulta dei Caf dovrebbe costare circa 25 euro a pratica. Per le famiglie quindi oltre al danno (l’esclusione da alcune prestazioni, appunto), anche la beffa.
Le conseguenze per Comuni e Atenei
Certamente, come detto, una volta che l’esclusione dei titoli di Stato dall’ISEE sarà effettiva arriveranno notevoli benefici. Riportiamo di seguito l’esempio preso da Il Sole 24 Ore.
Due genitori con due figli, un reddito da lavoro dipendente, abitazione di proprietà e circa 79 mila euro di patrimonio mobiliare, vedranno il proprio ISEE scendere di circa 2 mila euro (-8,6%) nell’ipotesi in cui 25 mila euro siano investiti in titoli di Stato. Scende di 4 mila euro (-17,2%), invece, decurtando 50 mila euro di titoli.
L’abbassamento degli ISEE potrebbe tuttavia tradursi in un maggior costo per chi eroga le prestazioni o in minori entrate per gli enti (Comuni e università) che ricevono rette o affitti modulati.
«È difficile capire l’entità dell’impatto, ma l’aumento della platea di persone con un Isee più basso potrebbe comportare una perdita di gettito per i Comuni. Tanto che questi ultimi potrebbero dover rimodulare le fasce ISEE d’accesso», spiega Tiziana Toto, responsabile Politiche energia e Servizi locali di Cittadinanzattiva.
Allo stesso modo, gli atenei universitari potrebbero trovarsi costretti a rimodulare le fasce ISEE per le quote di iscrizione.