Il rinnovo del CCNL metalmeccanici è fermo da quattro mesi, e al centro della trattativa c’è la richiesta di Fim-Fiom-Uilm di 280 euro di aumento sui minimi retributivi. Una cifra che per i lavoratori rappresenta il giusto recupero del potere d’acquisto perso negli ultimi anni, mentre le aziende fanno sapere che è semplicemente insostenibile.
Il confronto tra Federmeccanica e le sigle sindacali è in un vicolo cieco. Il settore è in crisi e le imprese (specie se si guarda all’Automotive, Componentistica, Elettrodomestico) non vogliono concedere aumenti così elevati, mentre i lavoratori, colpiti da inflazione e bassi salari, non intendono fare passi indietro. La tensione cresce e il prossimo 28 marzo ci sarà un nuovo sciopero di otto ore in tutta Italia.
Perché i sindacati chiedono 280 euro in più?
La richiesta di 280 euro mensili non è nata per caso. I sindacati basano la loro piattaforma rivendicativa su alcuni dati di fatto:
- I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa tra i paesi industrializzati.
- L’inflazione ha eroso il potere d’acquisto dei lavoratori e lo farà ancora nel triennio di riferimento, fino al 30 giugno 2027.
- E’ importante favorire l’incremento dei salari per spingere l’aumento della domanda interna come volano per il rilancio l’economia nazionale.
- Le incertezze geopolitiche e le crisi belliche (Ucraina, Medio Oriente) devono spingere ad offrire maggiori garanzie ai lavoratori.
Negli ultimi anni, il meccanismo di calcolo adottato nel settore ha permesso di recuperare parte delle perdite inflazionistiche, ma non del tutto. Di questo i sindacati ne sono consapevoli. I metalmeccanici non nuotano nell’oro – come ha commentato giorni fa il Segretario Generale Fiom Michele De Palma, e un aumento salariale servirebbe non solo a migliorare le loro condizioni, ma anche a dare uno stimolo all’intero sistema economico. Oltre che a dare maggiori certezze ai lavoratori e alle loro famiglie. Mentre da Federmeccanica e Assistal fanno sapere di essere disponibili comunque ad erogare aumenti in base all’IPCA, per ora circa 173 euro.
Ma dal sindacato puntano a capitalizzare di più. Tutti i rinnovi degli ultimi tempi si sono conclusi con aumenti al di sopra dei 200 euro (come la Logistica e Trasporti, Energia, ecc.). E poi, sottolineano convinti i sindacalisti di Fim-Fiom-Uilm: se piccole aziende artigiane hanno previsto un aumento di 216 euro, perchè Industriali non dovrebbero dare di più?
Le imprese possono permetterselo?
Dall’altra parte del tavolo, le aziende rispondono con freddezza. Il settore sta attraversando una fase di difficoltà:
- Nel 2024 la produzione è calata del 4,2% rispetto all’anno precedente.
- A livello europeo, il calo è stato ancora più marcato: -5,6%.
- Le esportazioni reggono solo perché le importazioni sono crollate.
Con un quadro così negativo, le imprese sostengono che un aumento così alto non è sostenibile. La loro controproposta (per ora 173 euro legati all’IPCA, quindi variabili) non è molto lontana dai 280 euro richiesti. Il nodo sta tutto sul recupero inflazionistico e la definizione di aumenti certi, nel mese di giugno di ogni anno. Per ora le posizioni restano distanti.
Serve una soluzione politica?
Nonostante lo scontro, il settore ha dimostrato negli ultimi anni di saper innovare le proprie relazioni industriali senza dover far appello alla mediazione del Ministero del Lavoro. Basti pensare che, solo per citare alcune novità:
- È stato introdotto un nuovo sistema classificatorio.
- C’è stato un miglioramente della partita relativa alle ferie (clicca qui).
- La crescita salariale è stata legata a indicatori economici reali, condivisi.
- Il welfare contrattuale è stato rafforzato.
Ma ora la trattativa è bloccata e nessuna delle due parti sembra voler cedere. In passato, in situazioni simili, il governo è intervenuto per sbloccare il negoziato. Accadrà anche questa volta? Appare difficile. Per vedere come andrà a finire dovremo attendere dopo il 28 marzo, giornata dello sciopero nazionale dei metalmeccanici di 8 ore.