Se manca personale qualificato, le Asl non possono obbligare gli infermieri a svolgere in modo prevalente le attività spettanti agli OO.SS.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con una sentenza che ha ribaltato le decisioni precedentemente prese dalla Corte di Appello di Palermo e dal Tribunale di Trapani.
Le mansioni degli OO.SS. e degli infermieri
L’assistente socio-sanitario (OSS) è una figura professionale che lavora a stretto contatto con i medici e gli infermieri, ma non è un infermiere. Tra le sue mansioni rientrano l’aiuto al paziente per l’igiene personale, per la somministrazione dei pasti, per la vestizione, per la deambulazione, per l’eliminazione urinaria e fecale e per le piccole medicazioni.
L’infermiere, invece, fornisce l’assistenza primaria e gestisce ogni aspetto del trattamento del paziente. Per esempio monitora lo stato di salute dei pazienti, somministrando loro i farmaci e le terapie prescritte, aggiorna le cartelle cliniche. Effettua anche i test più comuni nella pratica sanitaria, dall’elettrocardiogramma alle analisi del sangue.
Le due figure, quindi, hanno mansioni ben distinte. Gli OO.SS. non hanno la qualifica per svolgere i compiti degli infermieri. Al contrario, l’infermiere che svolge in maniera prevalente le mansioni spettanti agli OO.SS. è come se venisse demansionato.
È il caso portato all’attenzione della Corte Suprema di Cassazione da parte di alcuni infermieri in servizio presso l’Ospedale Sant’Antonio Abate di Trapani e presso l’Ospedale Santo Spirito di Alcamo (TP).
Il demansionamento va punito: le sentenze
La questione nasce a seguito della richiesta degli infermieri degli ospedali suddetti all’Azienda Sanitaria Provinciale di Trapani di non essere adibiti ulteriormente a mansioni inferiori. Dal 2010, infatti, svolgevano de facto in modo prevalente e costante le mansioni del personale ausiliario e OSS.
La Corte di Appello di Palermo e il tribunale di Trapani non avevano giudicato prevalenti le mansioni attenenti agli OO.SS. Pertanto, avevano negato agli infermieri appellanti il riconoscimento del danno da demansionamento. Demansionamento che svilisce la professione e la rende meno attrattiva, anche economicamente.
Un errore dal punto di vista della Cassazione, che nella sentenza n. 7683/2025 ha ribaltato le due precedenti decisioni. Secondo la Suprema Corte, infatti, non sono state valutate “la costanza e la continuità temporale che aveva caratterizzato l’espletamento di mansioni ascrivibili agli O.S.S. e l’incidenza di tale perdurante esercizio sulla professionalità dei ricorrenti”.
Inoltre, la mancanza di personale socio-sanitario non può giustificare il demansionamento degli infermieri. Questi ultimi infatti non possono essere costretti a svolgere mansioni inferiori. Occorre assumere nuovo personale di supporto e ausiliario.
Una sentenza simile era già stata emessa nel dicembre 2024, a favore di un’infermiera di Ascoli Piceno, obbligata a lavare gli strumenti chirurgici, asciugarli e impacchettarli. Di fatto, un demansionamento. Secondo i supremi giudici della Cassazione, infatti, l’azienda sanitaria non può assegnare l’infermiera al lavaggio dei ferri se non dimostra la temporanea necessità connotata da ragioni di servizio urgenti e non differibili per cui il dipendente pubblico può essere assegnato alle mansioni inferiori.