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Partita IVA chiusa dal Fisco, la Corte UE boccia l’automatismo: l’Agenzia delle Entrate è avvertita

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha chiarito che il Fisco non può chiudere automaticamente una partita IVA per mancato pagamento dell’imposta. È quanto stabilito nella Sentenza del 3 aprile 2025 (causa C-164/24), che coinvolge una società bulgara cancellata d’ufficio dai registri IVA a seguito di accertamenti fiscali.

Il caso: cancellazione per omessi versamenti

L’impresa, secondo l’autorità fiscale, non aveva adempiuto agli obblighi IVA per cinque periodi d’imposta. In base alla normativa interna, questo comportamento ha portato alla cancellazione automatica della registrazione IVA.

Ma la Corte UE ha ribaltato l’impostazione: anche in presenza di violazioni fiscali sistematiche, non è legittimo procedere alla chiusura della partita IVA senza un’analisi approfondita delle infrazioni.

I limiti alla discrezionalità degli Stati

Gli Stati membri, spiega la Corte, possono adottare misure per contrastare evasione e frode. Hanno quindi un margine di discrezionalità nella gestione delle registrazioni IVA. Tuttavia, questo potere non è illimitato.

In particolare, le decisioni devono rispettare i principi di proporzionalità, neutralità fiscale ed effettività. Una sanzione come la cancellazione della partita IVA, se applicata senza valutare la gravità e la natura delle violazioni, rischia di essere troppo severa.

Rischi per l’operatore economico

La cancellazione dal registro IVA ha effetti gravi. Un operatore escluso non può emettere fattura con IVA. I clienti, a loro volta, rischiano di non poter detrarre l’imposta. Questo può compromettere seriamente la capacità dell’impresa di continuare la propria attività.

Per la Corte UE, tutto ciò rende la sanzione sproporzionata se adottata senza un’analisi dettagliata.

E in Italia?

Nel nostro ordinamento, la sentenza rappresenta un chiaro avvertimento per l’Agenzia delle Entrate. Non è più sufficiente rilevare inadempienze formali per giustificare la chiusura della partita IVA.

Tuttavia, le norme italiane contro le “partite IVA apri e chiudi” (articolo 15-bis3 del DPR 633/1972) non sembrano essere messe in discussione. Queste disposizioni puntano a contrastare fenomeni di frode sistematica e si basano su una finalità antifrode ben definita.

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