Con la conversione in legge del decreto sulla Pubblica Amministrazione, avvenuta con 99 voti favorevoli, il cosiddetto “sblocca stipendi” promette effetti economici concreti per la maggior parte degli enti locali e delle Regioni.
Una misura che potrebbe cambiare il quadro retributivo per migliaia di lavoratori pubblici.
Aumenti Stipendi da 300 euro al mese
Secondo le prime stime fornite dal ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo durante il Question Time alla Camera di mercoledì 7 maggio, la nuova norma potrebbe liberare risorse fino a 1,9 miliardi di euro.
Tradotto in busta paga, si parla di un potenziale aumento di circa 300 euro lordi al mese per dipendente. Cifre che però non sono garantite universalmente: dipenderanno dalle scelte dei singoli enti e dalla sostenibilità dei loro bilanci.
Le regole di spesa
Per garantire tali aumenti, il decreto permette agli enti locali e alle Regioni di incrementare il fondo accessorio, cioè quella parte della retribuzione legata a premi, indennità e incarichi specifici. La nuova soglia può arrivare fino al 48% della spesa 2023 per gli stipendi tabellari del personale non dirigente.
Si stima che oltre il 90% degli enti locali e più del 60% delle Regioni possano beneficiare della misura.
Nonostante le possibilità aperte dal decreto, come anticipato sopra, l’attuazione concreta dipenderà dalla condizione dei bilanci degli enti. Potranno procedere solo le amministrazioni che rispettano l’equilibrio finanziario pluriennale, certificato dai revisori. Inoltre, restano in vigore le vecchie regole sui tetti di spesa per il personale, che ancorano i limiti di assunzione e spesa ai livelli del 2008 o del triennio 2011-2013.
Disparità di stipendi tra gli statali degli enti locali e quelli delle amministrazioni centrali
Il provvedimento cerca di colmare un divario retributivo storico. Nel corso del Question Time, il ministro Zangrillo ha ricordato che un dipendente della categoria A in un Comune guadagna in media 22.338 euro lordi l’anno, contro stipendi da 26.382 euro di un omologo in Regione. Le differenze aumentano con i funzionari: 36.872 euro nei Comuni, 37.393 nelle amministrazioni centrali, e 44.124 euro nelle agenzie fiscali.
A rendere il quadro ancora più disomogeneo è il fatto che gli aumenti nelle amministrazioni centrali sono coperti dallo Stato, mentre gli enti territoriali devono fare affidamento su risorse proprie. Il decreto, infatti, assegna:
- 183 milioni ai ministeri,
- 38 milioni all’Agenzia delle Entrate,
- 18 milioni alle Dogane,
- 7 milioni alla Presidenza del Consiglio.
Una situazione che secondo la Uil FLP rappresenta “una disparità di trattamento che accresce le diseguaglianze di stipendi tra lavoratori pubblici”. Due pesi e due misure, in pratica, in contrasto con l’obiettivo di fondo dell’intervento: ossia rendere più attrattiva la Pubblica Amministrazione, anche a livello locale.
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