Negli ultimi anni Bitcoin è diventato un argomento di discussione ovunque: dai social alle banche centrali. C’è chi lo vede come il nuovo oro digitale e chi lo considera una scommessa pericolosa. Ma cosa succederebbe se l’Italia decidesse di usare Bitcoin per alleggerire il debito pubblico e, magari, trovare risorse per aumentare gli stipendi del personale della scuola? Un’idea affascinante, ma che nasconde più insidie che opportunità.
Il debito italiano e l’idea della conversione in Bitcoin
Il debito pubblico italiano è enorme: supera i 3.000 miliardi di euro. L’ipotesi “fantasiosa” è questa: convertire il 5% del debito in Bitcoin, pari a circa 153 miliardi di euro. Con un Bitcoin che oggi vale circa 115.000 dollari, lo Stato dovrebbe comprare circa 1,55 milioni di BTC, quasi l’8% di tutti quelli esistenti nel mondo.
Un’operazione colossale, che inevitabilmente scuoterebbe i mercati finanziari.
Perché non basterebbe per aumentare gli stipendi della scuola
Gli stipendi del personale scolastico rappresentano una spesa fissa, che deve essere pagata ogni mese in modo stabile. Usare Bitcoin non crea nuove entrate fiscali e non abbassa automaticamente il costo degli interessi sul debito. In pratica, non si libera spazio strutturale per pagare di più insegnanti e personale ATA.
L’unico modo in cui i Bitcoin potrebbero “finanziare” aumenti sarebbe se il loro prezzo salisse molto e lo Stato li vendesse con guadagno. Ma questo significherebbe basare gli stipendi su una scommessa di mercato, con il rischio di trovarsi senza risorse se il prezzo scende.
Lo scenario delle plusvalenze (e delle perdite)
Ecco un esempio numerico, ipotizzando che l’Italia investa 153 miliardi di euro in BTC:

Questi numeri mostrano bene il problema: in caso di ribasso, lo Stato dovrebbe persino tagliare spesa o aumentare le tasse per coprire le perdite.
Il ruolo di NoiPA e un esempio sugli stipendi dei docenti
NoiPA è la piattaforma che gestisce i pagamenti di insegnanti e personale ATA, con oltre un milione di cedolini mensili. In teoria, se lo Stato decidesse di finanziare gli stipendi della scuola con Bitcoin, NoiPA dovrebbe gestire direttamente fondi legati a un asset estremamente volatile. Questo comporterebbe enormi difficoltà tecniche e rischi pratici: oscillazioni di valore che renderebbero impossibile garantire stipendi stabili a fine mese.
Per capire meglio, prendiamo un esempio: lo stipendio medio netto di un docente è di circa 1.500 euro al mese. Se fosse legato al valore del Bitcoin:
- Con BTC +50%, lo Stato potrebbe permettersi (in teoria) un aumento temporaneo di circa +150 euro mensili.
- Con BTC -30%, lo stipendio rischierebbe invece di scendere o di restare congelato, perché le risorse mancherebbero.
Immaginare stipendi scolastici oscillanti come il prezzo di una criptovaluta significa compromettere la sicurezza economica di chi lavora nella scuola.
Cosa si può fare davvero per gli stipendi della scuola
Se l’obiettivo politico è aumentare le retribuzioni del personale scolastico, le strade percorribili sono altre:
- Crescita economica: più PIL significa più entrate fiscali stabili.
- Taglio degli sprechi: liberare risorse da altre voci di spesa.
- Miglior gestione del debito: ridurre gradualmente il costo medio, restando nell’euro.
- Innovazione e produttività: stipendi più alti giustificati da una scuola più efficiente e digitale.
Bitcoin può forse avere un ruolo marginale come riserva “di diversificazione”, un po’ come l’oro. Ma non può finanziare aumenti permanenti degli stipendi scolastici.