Il governo spagnolo guidato da Pedro Sanchez ha presentato una proposta di legge per affrontare l’inverno demografico che sta riducendo il numero di studenti e classi. L’obiettivo è contenere gli squilibri causati dal calo delle nascite e garantire un equilibrio nel sistema scolastico.
La novità riguarda le ore settimanali di insegnamento: al posto di fissare per legge un numero massimo di alunni per classe, il governo ha scelto di introdurre un tetto alle ore di lezione dei docenti.
Cosa prevede la riforma
La misura stabilisce che gli insegnanti non potranno superare un certo limite di ore frontali in aula.
Per la Primaria il massimo sarà di 23 ore settimanali, mentre per la Secondaria e il Bachillerato il tetto sarà fissato a 18 ore. In questo modo, il governo punta a distribuire meglio gli alunni, evitando il rischio di classi troppo affollate in alcune scuole e troppo vuote in altre.
Questione salariale ancora incerta
Al momento non è stato diffuso il testo ufficiale della legge e quindi non è chiaro se la riduzione delle ore di lezione avrà effetti sugli stipendi. Il salario dei docenti, infatti, non è stato toccato nelle dichiarazioni pubbliche, ma resta aperta la questione del rapporto tra ore lavorate, attività extra-aula e compensazioni economiche. È un aspetto che dovrà essere chiarito dal governo e che i sindacati stanno già ponendo come punto centrale del confronto.
Un tema che riguarda anche i docenti italiani
Il dibattito spagnolo richiama da vicino quello italiano. Anche nel nostro Paese il calo demografico sta riducendo il numero degli alunni e rischia di ridimensionare il fabbisogno di docenti. La scelta di Madrid diventa quindi un caso da osservare con attenzione: non si tratta di un taglio secco del personale, ma di una redistribuzione delle ore che lascia però aperto l’interrogativo più importante, quello sul futuro dei salari degli insegnanti.



