Negli ultimi mesi il lavoro nero in agricoltura è tornato al centro delle cronache. I controlli disposti dal Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro e dagli Ispettorati del Lavoro territoriali hanno messo in luce una realtà che attraversa tutta la filiera agricola, dal Nord al Sud: braccianti impiegati senza contratto, mancanza di sorveglianza sanitaria, violazioni delle norme di sicurezza e aziende sospese fino alla regolarizzazione.
Le cifre raccontano la dimensione del fenomeno: su 888 aziende agricole ispezionate, ben 468 (pari al 52,7%) sono risultate irregolari. Sono state verificate oltre 3.600 posizioni lavorative, di cui 729 non conformi e 196 totalmente in nero. In 113 casi le autorità hanno disposto la sospensione delle attività, mentre le sanzioni complessive superano i 4,2 milioni di euro.
Dal Nord al Sud: le irregolarità scoperte
A Treviso, durante la vendemmia, i carabinieri hanno sospeso due aziende agricole e sanzionato altre nove per violazioni legate al lavoro nero e alla sicurezza, per un totale di 90.000 euro.
In Friuli Venezia Giulia, a Gorizia, un’azienda è stata chiusa dopo che nove vendemmiatori su quattordici lavoravano senza contratto. Le sanzioni hanno superato 20.000 euro, con obbligo di regolarizzazione immediata.
Nel Mezzogiorno, il quadro è altrettanto preoccupante. In Puglia, tra Foggia e Barletta-Andria-Trani, su 16 aziende controllate, 14 sono risultate irregolari: 25 lavoratori senza tutele, 19 dei quali in nero. Cinque imprese sono state sospese e le multe ammontano a 90.000 euro.
In Sicilia, a Palermo e Ragusa, nove aziende sono state sospese per mancanza di contratti, DVR e dispositivi di sicurezza: le sanzioni hanno superato i 190.000 euro.
In Calabria, un’azienda agricola di Cotronei è stata bloccata per l’impiego di manodopera irregolare e la totale assenza di controlli sanitari, con una sanzione da 19.500 euro.
Sospensioni e sanzioni: come funzionano
Quando gli ispettori accertano l’impiego di lavoratori in nero oltre determinate soglie, o gravi carenze di sicurezza, scatta la sospensione dell’attività. L’azienda resta chiusa finché non dimostra di aver regolarizzato le posizioni contrattuali e previdenziali dei lavoratori, predisposto gli adempimenti relativi alla sicurezza.
Le sanzioni pecuniarie, invece, colpiscono direttamente il datore di lavoro e possono variare da poche migliaia a decine di migliaia di euro, a seconda del numero di lavoratori coinvolti e della gravità delle violazioni. In alcuni casi, le multe si accompagnano all’obbligo di versare contributi arretrati e di rimborsare le ore lavorate.
Un fenomeno radicato e difficile da estirpare
L’agricoltura resta uno dei settori più esposti al lavoro irregolare. La stagionalità, la presenza di manodopera straniera e i margini di guadagno ridotti spingono molte aziende a ricorrere a pratiche illegali pur di contenere i costi. Ma i controlli recenti dimostrano che lo Stato sta intensificando la vigilanza, utilizzando la sospensione come leva per costringere le imprese a mettersi in regola.
Resta tuttavia aperta una questione strutturale: senza un piano di sostegno e regolarizzazione che renda sostenibile l’occupazione agricola, la piaga del lavoro nero continuerà a minare il cuore produttivo del Paese.



