Nel cedolino paga sono attesi arretrati fino a 2.500 euro per una platea di circa 400mila dipendenti pubblici impiegati negli Enti locali. La misura deriva dal percorso di chiusura del contratto 2022-2024 – ancora non rinnovato – e dall’avvio immediato del rinnovo 2025-2027, con una tantum che congloba gli arretrati maturati. L’obiettivo politico è accelerare l’intesa e portare gli importi nelle buste paga in tempi brevi, come già anticipato da diverse testate giornalistiche.
Ma per questi lavoratori c’è poco da sorridere. Vediamo i dettagli.
Aumenti, non solo arretrati: cosa prevede il rinnovo
Gli arretrati si sommeranno agli incrementi dei minimi retributivi previsti per il prossimo triennio contrattuale del comparto Funzioni locali. Secondo le stime circolate nei tavoli, il pacchetto di risorse pubbliche per i rinnovi 2025-2027 produrrà aumenti tabellari medi nell’ordine di 150 euro lordi/mese a regime (valori medi che variano per categoria e fascia), finanziati con gli stanziamenti in Legge di Bilancio dedicati all’intera PA. Il governo ha quantificato per i rinnovi del triennio un plafond complessivo “quasi” a doppia cifra di miliardi, proprio per sostenere gli adeguamenti stipendiali.
150 euro lordi significa circa 80 euro netti, di cui una parte già in erogazione nei cedolini attraverso le voci Anticipo Contratto e IVC.
Chi riguarda: profili e servizi dei Comuni e altri Enti locali
La misura riguarda i dipendenti dei Comuni e, più in generale, gli Enti locali (municipi, unioni, città metropolitane, province, comunità montane).
Parliamo di istruttori e funzionari amministrativi, tecnici, personale dei servizi educativi e sociali, agenti della polizia locale, addetti a tributi, anagrafe, lavori pubblici, cultura, sport. Una platea che tiene in piedi servizi essenziali per cittadini e imprese, oggi al centro di una forte pressione organizzativa, con carichi aumentati dalla stagione PNRR e dal turn-over.
L’intervento sugli arretrati e sui minimi mira a riconoscere – con un ritardo di oltre 4 anni – quel lavoro e a stabilizzare, in parte, il potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Il beneficio andrà ad una platea che – insieme alla scuola – resta la peggio retribuita dell’intero comparto pubblico.
In una fase in cui i dipendenti delle funzioni centrali hanno già avuto il rinnovo contrattuale e sono ora in attesa delle sole indennità accessorie.
La trattativa: il ruolo del Ministero PA, CGIL e UIL chiedono più risorse
Il Ministero per la Pubblica Amministrazione sta spingendo per chiudere l’accordo: lavora a reperire ulteriori risorse e a consolidare gli atti di indirizzo, così da convincere i sindacati più rappresentativi – in particolare FP CGIL e UILPA, la cui firma è decisiva – che chiedono più soldi su minimi e indennità.
L’ARAN ha in agenda un confronto serrato per tradurre i fondi in tabelle e una tantum: il pacchetto punterà a centrare due obiettivi, arretrati fino a 2.500 euro e incrementi mensili strutturali sui minimi per tutto il comparto enti locali. Le prossime riunioni diranno se il mix di stanziamenti e regole sarà sufficiente a chiudere la vertenza e far scattare gli accrediti.



