Lo SPID, fiore all’occhiello della digitalizzazione della pubblica amministrazione, nasceva come un servizio gratuito, pensato per abbattere le barriere all’accesso digitale. Ma qualcosa sta cambiando, e in fretta.
Poste Italiane, il principale gestore di identità digitali in Italia (con circa il 70% dei credenziali SPID attive) starebbe adesso valutando di introdurre un canone annuo per continuare a offrire il servizio. Un costo stimato che coinvolgerebbe potenzialmente circa 28 milioni di cittadini.
Se la trasformazione dovesse concretizzarsi, SPID rischierebbe di perdere la sua posizione di strumento centrale per l’autenticazione nella PA, spingendo molti utenti verso la Carta d’Identità Elettronica (CIE). Una via alternativa già favorita dal governo, ma con limiti applicativi, soprattutto per i livelli di sicurezza più elevati.
Perché SPID di Poste rischia di diventare a pagamento
Fino ad oggi Poste Italiane ha concesso il servizio di SPID in maniera gratuita. Il modello “SPID gratis” è sempre stato supportato da convenzioni pubbliche e finanziamenti statali, che oggi però risultano insufficienti. Inoltre, il prossimo 9 ottobre scadrà ufficialmente la convenzione sottoscritta tra i provider e il governo italiano.
Alcuni gestori accreditati si sono portati avanti. Aruba, InfoCert e Register.it, per esempio, hanno già introdotto un canone per il mantenimento del servizio, per sostenere i costi crescenti di infrastrutture, sicurezza e manutenzione.
Anche Poste, su questa scia, sta valutando di inserire un costo per l’utilizzo dello SPID. Secondo le prime indiscrezioni, potrebbe essere chiesto un abbonamento tra i 5 e i 10 euro: un costo relativamente contenuto, ma che porterebbe il Sistema pubblico di identità digitale a cedere il passo alla Carta d’Identità Elettronica.
La fuga verso la Carta d’Identità Elettronica
Se SPID dovesse diventare a pagamento per la maggioranza degli utenti, molti cittadini potrebbero cercare alternative. La più praticabile è la Carta d’Identità Elettronica (CIE).
La CIE è uno strumento gratuito, rilasciato dai Comuni, e già oggi è uno dei pilastri su cui il governo punta per rafforzare l’identità digitale nazionale. Il governo spera che entro giugno 2026 il 70% della popolazione disponga della CIE, per affermare un modello di identità digitale sotto controllo statale e per allinearsi ai requisiti di sicurezza richiesti dall’Unione Europea.
I limiti della CIE e cosa rendere lo SPID più agevole
Tuttavia, se per il livello 1 e 2 di autenticazione la CIE può essere usata con semplicità, per accedere al livello 3 (che richiede una certezza molto più elevata dell’identità) serve l’utilizzo del chip fisico della carta. Servono quindi un lettore di smart card esterno collegato al PC, oppure uno smartphone con NFC, e il PIN associato alla carta.
Questi requisiti tecnici e strumentali possono costituire una barriera per molti utenti, specialmente chi ha dispositivi più datati o non possiede un lettore NFC esterno.
In pratica, dunque, la CIE non è utilizzabile con la stessa semplicità “one‑click” che molti hanno conosciuto con lo SPID.
La speranza è che alcuni provider possano mantenere versioni gratuite (limitate) di SPID per specifiche categorie (es. persone vulnerabili, over). Oppure che il legislatore intervenga per salvaguardare l’accesso gratuito ai servizi pubblici digitali.



