Per anni dei braccianti agricoli hanno lavorato nei campi coltivati a melone, con contratti, buste paga e CUD in regola. Eppure, secondo l’INPS, quella azienda non esisteva: non risultava attiva al Fisco, non versava contributi e non aveva mai pagato le tasse. Per questo l’ente aveva deciso di cancellare il rapporto di lavoro di una bracciante agricola, negandole ogni diritto, compresa la pensione di reversibilità del marito, anch’egli impiegato nella stessa azienda.
Ma adesso il Tribunale ha stabilito che i lavoratori non possono pagare le conseguenze delle irregolarità del datore di lavoro, e ha ordinato all’INPS di restituire la pensione e riconoscere i contributi.
Agricoli, l’INPS non riconosceva né il lavoro né la pensione
La vicenda riguarda una donna che ha lavorato come bracciante agricola dal 2014 al 2019 in un’azienda agricola che, secondo le carte ufficiali, non esisteva più o non era in regola.
Poiché l’azienda non versava contributi e non aveva documentazione fiscale, l’INPS aveva annullato il rapporto di lavoro, e con esso:
- I contributi utili alla pensione.
- Il diritto alla pensione di reversibilità per il marito deceduto, che aveva lavorato nella stessa azienda.
- Il diritto a prestazioni come l’indennità di disoccupazione agricola.
I dipendenti vanno tutelati
Nel corso della causa, la donna ha dimostrato con documenti ufficiali – contratti di lavoro, buste paga e certificazioni fiscali – di aver lavorato davvero per quegli anni. A confermare tutto anche altri braccianti che avevano lavorato con lei, oltre al datore di lavoro stesso.
Il Tribunale ha stabilito dunque che, anche se l’azienda non era in regola con gli obblighi fiscali e contributivi, questo non può cancellare i diritti dei lavoratori che hanno effettivamente prestato la loro attività.
Pertanto, se un lavoratore ha davvero svolto un’attività, anche in un’azienda che ha evaso il fisco o non ha pagato i contributi, non perde i propri diritti previdenziali. La responsabilità delle irregolarità è del datore di lavoro, non del dipendente.
Riconoscere i contributi e restituire la pensione agli agricoli
Con la sentenza, l’INPS è stato obbligato a:
- Riconoscere le giornate lavorative (circa 150 l’anno) dal 2014 al 2019.
- Ripristinare il diritto alla pensione di reversibilità per la bracciante.
- Confermare il diritto a prestazioni previdenziali legate a quel periodo, come l’indennità di disoccupazione.
Un risultato importante che potrebbe fare da precedente per molti altri lavoratori agricoli che si trovano in situazioni simili.