La manovra finanziaria 2026–2028 del governo Meloni era attesa come il momento della svolta per il ceto medio: insegnanti, forze dell’ordine, impiegati pubblici e tutti gli altri lavoratori dipendenti.
E invece, dopo la pubblicazione del Documento Programmatico di Finanza Pubblica il 2 ottobre, la realtà appare diversa.
Il governo punta al rigore dei conti e agli impegni europei, ma destina 23 miliardi di euro in più alla difesa entro il 2028, lasciando poco spazio per pensioni, stipendi e welfare.
Mentre il Patto di Stabilità europeo impone tagli, il rischio è che il prezzo di questa manovra lo paghino proprio coloro che ogni giorno tengono in piedi lo Stato: chi insegna, chi garantisce sicurezza, chi cura e serve la collettività.
Più fondi per la difesa, meno risorse per scuola, sanità e sicurezza
Il piano del governo prevede di portare le spese militari al 2,5% del PIL entro il 2028, in linea con gli impegni NATO e con il piano ReArm Europe.
Secondo l’Osservatorio Milex, si tratta di 23 miliardi di euro aggiuntivi, distribuiti così:
- +3,5 miliardi nel 2026
- +7 miliardi nel 2027
- +12 miliardi nel 2028
Queste spese, escluse dal conteggio del deficit, vengono considerate “strategiche”, mentre i fondi per sanità, scuola e sicurezza continuano a subire tagli o stagnazione.
Per chi lavora nel pubblico impiego, questa scelta significa contratti rinnovati al ribasso e potere d’acquisto in calo.
Tra insegnanti e operatori della sicurezza, cresce la percezione di essere lasciati soli.
Taglio IRPEF 2026: un bonus da pochi euro per il ceto medio
Uno dei punti centrali della manovra è la riduzione dell’IRPEF dal 35% al 33% per i redditi compresi tra 28.000 e 50.000 euro.
Un intervento che il governo presenta come un aiuto al ceto medio, ma che secondo i calcoli di Unimpresa produce vantaggi minimi. Ecco una simulazione:

Un risparmio che difficilmente compensa l’aumento del costo della vita, delle bollette e dei mutui.
In parallelo, resta in vigore la IRES premiale per le imprese che reinvestono gli utili (aliquota ridotta dal 24% al 20%), una misura che favorisce chi ha capitali, non chi vive di stipendio.
Pensioni: addio al sogno dei 64 anni per chi ha il sistema misto
Sul fronte delle pensioni, le speranze del ceto medio si scontrano con la realtà.
Il governo aveva promesso una riforma flessibile che consentisse di andare in pensione a 64 anni anche per chi è nel sistema misto, ma la misura non sarà realizzata.
Dal 2027 tornerà operativo il meccanismo dell’aspettativa di vita, che allungherà ulteriormente i tempi per l’uscita dal lavoro di 3 mesi.
Le pensioni minime restano ferme poco sopra i 600 euro, mentre la rivalutazione non coprirà l’inflazione reale.
Per insegnanti, poliziotti, carabinieri e personale amministrativo, significa più anni di servizio, meno tutele e più incertezza.
Una delusione forte, anche tra chi aveva creduto nelle promesse di cambiamento.
Sanità, scuola e sicurezza: i settori dimenticati dalla manovra
Se la difesa cresce, il resto del Paese arretra.
Il Servizio Sanitario Nazionale resta sottofinanziato: nessun piano di assunzioni, nessun incremento reale dei fondi.
Le liste d’attesa si allungano e i lavoratori sanitari lamentano turni insostenibili.
La scuola vive la stessa crisi: docenti con stipendi tra i più bassi d’Europa, precarietà diffusa e carenza di personale.
Anche le forze dell’ordine vedono contratti che non tengono il passo con l’inflazione e risorse insufficienti per mezzi e formazione.
Sul fronte sociale, niente salario minimo (i sindacati chiedevano 12 € l’ora), nessun piano per gli affitti e zero incentivi per la ripresa industriale.
La sensazione generale è di una manovra prudente, ma senza coraggio.
Tabella riassuntiva – Manovra 2026: chi ci guadagna e chi perde




