Più soldi in busta (senza tasse), meno burocrazia per le aziende, più consumi nei bar e nei ristoranti. L’aumento della soglia esentasse per i buoni pasto da 8 a 10 euro – allo studio per l’inserimento nella Legge di Bilancio 2026 – può valere fino a 500 euro netti all’anno per ogni dipendente. Ma a beneficiarne non sono solo i lavoratori.
Buoni pasto esentasse da 8 a 10 euro: molteplici benefici
L’idea è semplice, ma ad alto impatto: alzare da 8 a 10 euro la soglia di esenzione fiscale sui buoni pasto elettronici. Significa che i primi 10 euro giornalieri erogati sotto forma di ticket non verrebbero tassati come reddito.
Questa misura, già proposta da tempo e ora sul tavolo della prossima Legge di Bilancio 2026, interessa 3,5 milioni di lavoratori, tra pubblico e privato. Ma il suo effetto potrebbe andare ben oltre.
Fino a 500 euro netti in più all’anno
Chi riceve i buoni pasto elettronici sa che oggi il limite esentasse è fissato a 8 euro. Per chi lavora 220 giorni all’anno, significa un massimo di 1.760 euro non tassati.
Con la soglia portata a 10 euro, si passerebbe a 2.200 euro annui. Secondo Matteo Orlandini, presidente dell’Associazione italiana società esercenti buoni pasto (Anseb), «in tasca al lavoratore andrebbero circa 450-500 euro all’anno, sicuramente un supporto».
Per milioni di lavoratori – soprattutto famiglie del ceto medio tra i 25 e i 50mila euro di reddito annuo – è come avere una tredicesima extra, ma a costo zero per entrambi: né tasse per il dipendente, né contributi per l’azienda.
Ecco chi ci guadagna con i buoni pasto esentasse fino a 10 euro
L’aumento della soglia non obbligherebbe le aziende a erogare 10 euro, ma renderebbe l’incremento fiscalmente vantaggioso. Potrebbe quindi diventare una leva nei contratti integrativi tra imprese e sindacati.
Ma i benefici si estendono anche a:
- Le aziende, che con pochi euro in più migliorano il welfare aziendale e incentivano la presenza.
- Gli esercizi convenzionati (bar, ristoranti, gastronomie, supermercati), che potrebbero registrare una crescita dei consumi stimata in 1,9 miliardi di euro.
- L’intero sistema dei ticket, oggi più regolato grazie alle nuove norme sulle commissioni massime del 5%, in vigore dal 1° settembre 2025 (legge sulla concorrenza n. 193/2024).
Buoni pasto, c’è chi resta escluso
Se per milioni di lavoratori del settore privato e pubblico si apre dunque la prospettiva di un buono pasto più alto e senza tasse, per il personale scolastico la situazione è ben diversa.
Tra le richieste più sentite da parte dei sindacati figura proprio l’introduzione dei buoni pasto per docenti e personale ATA, una misura che potrebbe migliorare concretamente il reddito disponibile, soprattutto in un contesto di stipendi ancora troppo bassi rispetto ad altri comparti pubblici.
Tuttavia, l’Aran (Agenzia per la rappresentanza negoziale) ha chiarito che al momento non c’è margine economico per introdurre l’istituto nel nuovo contratto. In altre parole, manca la copertura finanziaria per estendere i buoni anche al mondo della scuola.
Nonostante questo, la battaglia sindacale non si ferma. Marcello Pacifico, presidente di Anief, ha ricordato che esistono precedenti contrattuali – come quello sulla formazione retribuita nel CCNL 2019-2021 – che dimostrano come sia possibile introdurre nuovi strumenti anche senza risorse immediate, rimandandone l’attuazione a un secondo livello di contrattazione.
L’obiettivo, spiega Anief, è ottenere il riconoscimento del buono pasto all’interno del contratto nazionale, in modo da attivarlo in futuro, compatibilmente con le disponibilità economiche locali o di istituto.



