La nuova misura allo studio nella Legge di Bilancio 2026 prevede una tassazione ridotta al 10% sugli aumenti salariali dei rinnovi contrattuali. Se confermata, tale agevolazione garantirebbe un aumento in busta paga, ma solo per i lavoratori del settore privato.
I dipendenti statali, infatti, rimarrebbero esclusi. Milioni di lavoratori pubblici, tra cui insegnanti, personale ATA, dipendenti degli enti locali e altri comparti del pubblico impiego, infatti, non rientrerebbero tra i beneficiari della detassazione.
Il malcontento è già palpabile.
A chi spetta la detassazione al 10% (e a chi no)
La norma attualmente in discussione prevede:
- Cedolare secca al 10% sugli aumenti salariali derivanti dai rinnovi dei Ccnl.
- Applicazione per i rinnovi effettuati dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2028 e per l’intero periodo di vigenza del contratto.
- Che i beneficiari siano solo i dipendenti del settore privato.
Sono quindi esclusi tutti i lavoratori pubblici, a cominciare da:
- Scuola (insegnanti e personale ATA),
- Enti locali,
- Ministeri, Agenzie e Funzioni Centrali,
- Sanità pubblica,
- Tutti gli altri comparti del pubblico impiego.
Scuola ed enti locali, contratti pubblici da rinnovare ma senza vantaggi
Proprio scuola ed enti locali sono tra i comparti in attesa di rinnovo contrattuale, ma che non potranno beneficiare della tassazione agevolata.
Questa situazione crea un evidente divario tra pubblico e privato, penalizzando chi lavora per lo Stato. I sindacati del comparto scuola e funzione pubblica stanno già sollecitando il Governo a correggere la rotta.
A denunciare l’iniquità della misura è Marcello Pacifico, presidente del sindacato dei docenti e ricercatori in formazione Anief, che dichiara:
“Se si mettono 4 miliardi per detassare gli aumenti contrattuali del privato, se ne possono mettere 2 per detassare gli aumenti del pubblico impiego. Basta essere considerati lavoratori di serie B. Il valore di chi è professionista dello Stato non viene riconosciuto nemmeno a parole.”
Perché questa scelta fa discutere
L’esclusione dei lavoratori pubblici da una misura che ha lo scopo dichiarato di aumentare il potere d’acquisto e incentivare i consumi appare dunque contraddittoria, soprattutto in un periodo in cui:
- L’inflazione continua a erodere il potere d’acquisto.
- Molti dipendenti pubblici attendono il rinnovo del contratto.
- La pubblica amministrazione è chiamata a gestire sfide cruciali come PNRR, digitalizzazione e servizi essenziali.
La misura della detassazione al 10% degli aumenti contrattuali rappresenta un passo importante per il settore privato, ma così com’è rischia di creare una frattura ancora più marcata tra chi lavora nel pubblico e chi nel privato.
Se il Governo non interverrà per estendere lo sgravio anche al pubblico impiego, milioni di lavoratori potrebbero ritrovarsi a subire un trattamento fiscale meno favorevole, pur svolgendo funzioni fondamentali per il Paese.



