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3,3 Milioni di Lavoratori del Commercio Esclusi dalla Detassazione del 5% sugli Aumenti

Il governo ha previsto nella Manovra 2026 una detassazione del 5% sugli aumenti retributivi stabiliti dai contratti collettivi nazionali di lavoro, ma il beneficio non riguarderà i 3,3 milioni di lavoratori del commercio, servizi, distribuzione. A restare esclusi saranno coloro che rientrano nei vari CCNL firmati da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs-Uil con Confcommercio, Confesercenti, le centrali cooperative e Federdistribuzione.

L’esclusione dovuta alle date dei rinnovi contrattuali

La norma inserita nella legge di bilancio stabilisce che la detassazione al 5% sugli aumenti salariali spetti soltanto ai rinnovi contrattuali sottoscritti tra il 2025 e il 2026, e riferiti a erogazioni effettuate nel corso del 2026. In sostanza, per poter beneficiare dell’incentivo fiscale, il rinnovo del CCNL deve essere firmato all’interno di quella finestra temporale.

I contratti del commercio rinnovati nel 2024 restano fuori

Il settore del commercio, dei servizi e della grande distribuzione ha rinnovato i propri contratti nel corso del 2024, con intese che prevedono gli aumenti in busta paga dal 1° novembre 2026. Ecco lo scatto salariale che spetta a questi lavoratori ma che non sarà detassato:

Si tratta, ad esempio, dei rinnovi sottoscritti da Filcams, Fisascat e Uiltucs con Confcommercio, Confesercenti e Federdistribuzione, che hanno chiuso un lungo periodo di vacanza contrattuale. Tuttavia, poiché la firma dei rinnovi è avvenuta prima del 2025, questi lavoratori non rientreranno nella detassazione prevista dalla Manovra.

A sottolinearlo, in un articolo di approfondimento, è il Segretario Nazionale Cisl Mattia Pirulli in un comunicato ripreso anche da Il Sole 24 Ore del Lunedì.

Esclusi anche i lavoratori dell’artigianato

I lavoratori del commercio non sono però gli unici penalizzati. Nella stessa situazione si trovano anche circa 1,2 milioni di lavoratori dipendenti dell’artigianato, i cui rinnovi sono stati siglati prima dell’arco temporale previsto dal governo. In entrambi i casi, si tratta di settori con milioni di addetti e con accordi già definiti che non potranno beneficiare dell’agevolazione, pur avendo aumenti retributivi fissati per il 2026. Una disparità che rischia di aprire un nuovo fronte di discussione tra sindacati e governo.

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