Le imprese italiane da quest’anno devono pagare di tasca propria le polizze catastrofali contro terremoti, alluvioni e frane, come imposto dalla Legge di Bilancio 2025. Lo Stato, infatti, ha deciso di ridurre i fondi pubblici destinati agli indennizzi e di spostare le risorse su altre priorità.
Tra queste, i centri migranti in Albania, per i quali sono stati utilizzati anche 17,07 milioni di euro del fondo per calamità naturali e terremoti. In altre parole, mentre alle imprese viene chiesto di assicurarsi privatamente (e obbligatoriamente) contro i disastri ambientali, il Governo usa i soldi che servivano a fronteggiare quelle emergenze per finanziare un’operazione di gestione dei flussi migratori da gestire all’estero, con costi enormi e difficoltà gestionali.
Analogo “sacrificio” viene chiesto ai lavoratori statali, sottraendo risorse che potevano essere destinate agli stipendi dei dipendenti dei vari comparti pubblici ed anche a quelli del personale Docente e ATA.
E’ quanto emerge valutando l’analisi di Dataroom, di Milena Gabanelli, andato in onda su La7 lunedì 4 novembre e ora disponibile sul sito Corriere.it:

Il Protocollo con l’Albania da 671 milioni di euro
Il Protocollo Italia–Albania, firmato a novembre 2023 e ratificato a febbraio 2024, prevede una spesa complessiva di 671,6 milioni di euro fino al 2028. Solo nel 2024 sono stati stanziati 169,6 milioni, di cui 73,5 milioni per la costruzione dei centri di Gjadër e Shëngjin e 96,1 milioni per le spese operative.
Secondo l’inchiesta Dataroom di Milena Gabanelli (La7), i fondi sono arrivati da capitoli di bilancio pensati per tutt’altro: oltre ai 17 milioni sottratti al fondo calamità, sono stati presi 14,8 milioni dal Fondo interventi strutturali e 10 milioni dal Fondo straordinario Difesa.
Tagli ai ministeri: meno risorse per servizi pubblici e stipendi
La stessa operazione ha comportato anche 127,6 milioni di tagli diretti ai ministeri. Il MEF perde 28,5 milioni, gli Affari Esteri 17, Università e Ricerca 13,2, Infrastrutture 9,9, Agricoltura 9,7, Difesa 9,4. Altri tagli minori riguardano Lavoro, Istruzione (circa 6,1 milioni), Ambiente, Cultura e Salute.
Si tratta di risorse che avrebbero potuto essere impiegate per migliorare i servizi ai cittadini o aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici (che in alcuni comparti come Enti locali e Istruzione sono tra i più bassi in Italia), ma che sono state dirottate verso i centri migranti in Albania, che oggi ospitano appena poche decine di persone.
Le imprese pagano due volte, lo Stato arretra
Il combinato disposto tra taglio ai fondi pubblici e obbligo di assicurazione privata trasferisce interamente il rischio economico su imprese e lavoratori. Lo Stato si ritira dalla gestione del rischio idrogeologico e chiede ai privati di sostituirlo, mentre usa i soldi del bilancio per finanziare un progetto esterno di scarsa efficacia.
Il risultato è che i centri migranti in Albania sono pagati anche dalle imprese italiane, che dovranno ora coprire a proprie spese gli stessi rischi per cui prima esisteva un fondo pubblico.
Intanto i Centri in Albania non funzionano
I centri migranti in Albania, presentati come pilastro della nuova strategia migratoria italiana, si sono rivelati un flop operativo.
Dovevano accogliere fino a 3.000 persone al mese, ma al momento ospitano solo poche decine di migranti.
I motivi sono molteplici: ritardi nella costruzione delle strutture, carenze organizzative e difficoltà logistiche legate al trasferimento dei richiedenti asilo. A ciò si aggiungono i dubbi sollevati da giuristi e ONG sul rispetto del diritto europeo, delle garanzie processuali e della tutela dei diritti umani. Il risultato è un progetto costoso, complesso e praticamente fermo, che fatica a raggiungere gli obiettivi annunciati dal Governo.



