Il rinnovo del contratto scuola 2022/24 è stato firmato, dopo un anno di trattative, ma gli aumenti previsti per docenti e personale ATA appaiono ben lontani dalle aspettative. Le tabelle che circolano sul web, su siti e blog vari, indicano gli importi lordi degli aumenti.
Gli esperti di Cedolini della Pubblica Amministrazione di TuttoLavoro24.it hanno tuttavia calcolato l’incremento netto, reale, che porta ad importi molto diversi. Si parla di un incremento effettivo tra 25 e 50 euro netti al mese, a seconda dell’anzianità di servizio e del ruolo anche per via degli scatti IVC e Anticipo contratto già presenti nel cedolino a titolo di Acconto. Ma vediamo i dettagli.
Aumenti modesti e inflazione non recuperata
Nonostante il clima di soddisfazione con cui è stata presentata l’intesa, i dati mostrano una realtà diversa. Gli aumenti tabellari e accessori – indicati come una rivalutazione del trattamento economico – risultano insufficienti a compensare l’inflazione degli ultimi anni. Tra il 2022 e il 2024, il costo della vita è cresciuto in misura ben superiore agli incrementi previsti dal nuovo CCNL, rendendo di fatto nullo il beneficio reale in busta paga.
Il rinnovo del contratto prevede anche il pagamento degli arretrati dei mesi precedenti, che in alcuni casi vengono descritti come una sorta di “seconda tredicesima”. In realtà, si tratta semplicemente del saldo degli incrementi non ancora corrisposti, una cifra che non rappresenta un bonus aggiuntivo ma il recupero di quanto già maturato.
Differenze minime tra docenti e personale ATA
Le nuove tabelle mostrano incrementi lordi medi che oscillano tra i 40 e i 70 euro, con aumenti netti mensili che raramente superano i 50 euro.
- Per i docenti della scuola primaria e secondaria, gli aumenti netti vanno da circa 32 a 50 euro.

- Per il personale ATA, i benefici sono ancora più contenuti: da 26 a 50 euro netti, a seconda della fascia d’anzianità e del profilo.

Un rinnovo che lascia l’amaro in bocca
Il nuovo CCNL Istruzione e Ricerca 2022/24 si limita quindi a chiudere un contratto ormai scaduto, senza introdurre aumenti in grado di rilanciare il potere d’acquisto del personale scolastico. Il Governo ha volutamente lasciato al sindacato il solo compito di ratificare quanto di fatto già deciso a colpi di decreti (sugli anticipi economici) e leggi di bilancio, annullando di fatto il ruolo delle relazioni sindacali. La sensazione diffusa è che si tratti più di un accordo di routine, utile ad allineare le tempistiche contrattuali, che di un vero passo avanti nella valorizzazione economica di chi lavora nella scuola.
In attesa dell’avvio delle trattative per il triennio 2025/27, resta una certezza: gli stipendi della scuola italiana continuano a essere tra i più bassi d’Europa, e gli aumenti previsti dal rinnovo 2022/24 non bastano a invertire la rotta.



