L’inflazione rallenta e, con essa, anche gli aumenti delle pensioni previsti per il 2026. Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di ottobre 2025 l’indice dei prezzi al consumo (NIC) ha registrato una variazione del -0,3% su base mensile e del +1,2% su base annua, in calo rispetto al +1,6% di settembre.
Dati che, se confermati, avranno ripercussioni dirette sulla rivalutazione delle pensioni per il prossimo anno.
Cosa dice il bollettino Istat di ottobre 2025
L’Istat segnala che a ottobre i prezzi al consumo sono diminuiti dello 0,3% rispetto a settembre e cresciuti solo dell’1,2% su base annua.
Un rallentamento che, in apparenza, potrebbe sembrare una buona notizia per il potere d’acquisto delle famiglie, ma che per i pensionati si traduce in un aumento più contenuto degli assegni.
Infatti, il tasso di rivalutazione delle pensioni – definito ogni anno sulla base dell’inflazione media registrata – tiene conto proprio di questi dati. Se i prezzi crescono meno, anche la perequazione automatica sarà più bassa.
Pensioni 2026: aumenti più leggeri in arrivo
Con un’inflazione in calo rispetto al 2025, il Ministero dell’Economia e delle Finanze potrebbe dover applicare un tasso di rivalutazione inferiore rispetto a quello dello scorso anno.
Tradotto in cifre, per i pensionati significa che l’aumento degli assegni nel 2026 sarà più limitato rispetto a quanto sperato. Per fare un esempio, su una pensione di 1.000 euro mensili, una rivalutazione dell’1,2% porterà un aumento di appena 12 euro.
L’obiettivo della rivalutazione, infatti, è mantenere invariato il potere d’acquisto delle pensioni. Ma se il tasso di riferimento cala, anche la “protezione” dall’aumento dei prezzi si riduce.
Inflazione bassa proprio quando si calcola la rivalutazione: coincidenza o scelta politica?
Molti osservatori notano una tempistica interessante: il calo dell’inflazione arriva proprio nel periodo in cui l’Istat pubblica i dati che serviranno a definire la rivalutazione delle pensioni per l’anno successivo.
Una semplice coincidenza statistica o un modo indiretto per contenere la spesa sociale e alleggerire i conti pubblici? Sebbene non ci siano evidenze di una manovra intenzionale, il risultato è chiaro: meno inflazione = rivalutazione più bassa = minori costi per lo Stato.
Una dinamica che, in un periodo di bilancio delicato per le finanze pubbliche, potrebbe risultare “comoda” per il governo, ma che rischia di pesare sulle tasche dei pensionati.



