Dopo la firma della parte economica del CCNL Scuola 2022-2024, avvenuta il 5 novembre all’Aran, i sindacati firmatari commentato con entusiasmo l’accordo raggiunto che porta neppure 50 euro di aumento sui minimi stipendiali.
Parlando di un risultato che – a loro dire – consentirà di recuperare il 18% del potere d’acquisto entro il 2030. I famosi 416 euro lordi – annunciati dal Governo e ribaditi dal Ministro Valditara– che Docenti e ATA potranno sì vedere, ma in 9 anni. Un’affermazione che però, se analizzata con attenzione, mostra più di una fragilità logica ed economica.
Secondo questi sindacati, l’attuale contratto coprirebbe una parte delle perdite dovute all’impennata inflattiva degli ultimi anni, mentre le risorse già previste per i due trienni successivi (2025-2027 e 2028-2030) permetterebbero di completare il recupero complessivo entro la fine del decennio.
Un recupero spalmato su nove anni: un errore di prospettiva
Questa lettura, però, trascura un dato fondamentale: l’inflazione esplosa tra il 2022 e il 2024 (che da sola porta ad un aumento dei prezzi del 17%) è legata alla crisi energetica e geopolitica scatenata dalla guerra in Ucraina, e ha già eroso pesantemente il potere d’acquisto dei lavoratori. Parlare di un recupero del 18% spalmato fino al 2030 significa ignorare che il “danno” si è concentrato in un arco temporale ben più breve (3 anni).
Inoltre, anche se si accettasse questa singolare impostazione, resterebbe un evidente paradosso: i lavoratori della scuola perderebbero potere d’acquisto oggi per recuperarlo solo tra nove anni, in un contesto economico che sarà inevitabilmente diverso e con nuovi aumenti dei prezzi.
L’inflazione futura resta fuori dai calcoli
C’è poi un secondo punto debole: nei due trienni successivi, l’inflazione continuerà a salire, anche se non è possibile prevederne con esattezza l’entità. Limitarsi a “recuperare” quella passata, rinviando di fatto la tutela reale dei salari, significa accettare che la perdita futura non verrà compensata.
In sintesi, la tesi di un recupero del 18% entro il 2030 è più uno slogan politico finalizzato a difendere la scelta sindacale, che una prospettiva economica concreta. In base agli accordi tra Governo e parti sociali sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego il potere d’acquisto non si recupera in un tempo indefinito: ma nel triennio in cui si perde. Basta leggersi il Protocollo sulla riforma degli Assetti contrattuali sottoscritto nel 2009.



