Lavorare quando si ha più di 60 anni può essere un rischio veramente alto per i lavoratori impegnati in impieghi manuali, soprattutto per quelli costretti ad attività già pericolose di per sé e che basta nulla perché si trasformino in mortali.
Gli incidenti verificatisi nei giorni scorsi vicino al Lago di Garda e nel Casertano in cui hanno perso la vita due lavoratori di 65 e 63 anni ne sono la dimostrazione. Non sono i primi e purtroppo non saranno gli ultimi.
Queste sono alcune delle «conseguenze della legge Fornero che ha allungato l’età della pensione», spiega Emidio Deandri, vicepresidente nazionale dell’Anmil, l’associazione delle vittime e dei familiari dei morti sul lavoro, intervistato da Avvenire di alcuni giorni fa:
«Questi lavoratori anziani sono ad alto rischio perché, quando si sta a diversi metri di altezza o si guida un trattore, basta un piccolo malore per infortunarsi seriamente e persino morire. Come, purtroppo, verifichiamo quasi tutti i giorni. […] A 65, 67, ma anche a 70 anni, come abbiamo visto, non si deve stare sui ponteggi. È una vera e propria ingiustizia sociale, che denunciamo con forza e che deve finire quanto prima.»
Un pensiero condiviso dal leader della CISL Luigi Sbarra, che già lo scorso novembre aveva ribadito come “i lavori non siano tutti uguali” e come “non si possa stare sotto una gru o nei campi sotto il sole nei a 67 anni”. Un invito, dunque, a provvedere al più presto a rivedere la riforma delle pensioni, che oggi prevede, per gli uomini, l’uscita dal lavoro a 67 anni di età (con almeno 20 anni di contributi) o 42 anni e 10 mesi di contributi.