Idrissa è un ragazzo senegalese emigrato in Italia. Il padre era arrivato a Milano qualche anno prima e, siccome aveva trovato un lavoro regolare, è stato possibile, anche se non semplice, far venire anche la sua famiglia. Idrissa nel suo paese non aveva potuto studiare, ma se ne avesse avuto l’opportunità avrebbe frequentato l’alberghiero e anche con profitto dal momento che aveva la passione della cucina.
Ora a Milano la vita era cara: affitto, cibo e vestiti, quindi Idrissa non può permettersi di sognare ad occhi aperti e la prima occupazione che trova è quella del rider. La sera, a bordo di una vecchia bici arrugginita che spesso lo lascia a piedi, va a fare le consegne, ma per arrotondare, accetta di lavorare anche nella fascia oraria del pranzo. Passano tre anni di questa vita non senza sconforti e pianti al ritorno a casa, ma un giorno la sua occasione sembra materializzarsi in un foglio di carta precariamente appiccicato al vetro di uno dei tanti ristoranti che lo chiamava dall’app a cui si era iscritto che, nonostante la notorietà del nome, pagava due lire quei poveri fattorini. Su quel cartello c’era scritto: “cercasi aiuto cuoco”. Quel martedì avrebbe lavorato solo mezza giornata, perciò nel pomeriggio si presenta al colloquio.
Il colloquio va bene anche perché lo chef, di origini tunisine, gli dimostra un’istintiva simpatia: “Mostrami che sai fare, ragazzo” e prende in mano il cellulare per cronometrare in quanto tempo l’aspirante aiuto cuoco avrebbe tagliato alla julienne dieci zucchine. “Niente male, ora passiamo ai carciofi romaneschi”. Lì Idrissa è meno veloce, ma gli ritorna in mente un tutorial che aveva visto al suo arrivo in Italia quando resta colpito dal gustoso ortaggio. Capisce presto, però, che è tutta una messa in scena. Il giorno seguente prende servizio, ma passano pochi giorni e realizza che la sua mansione era quella del tuttofare: dal pulire i gabinetti, spazzare e lavare la sala, buttare la spazzatura, e così via. Se andava dal capo a lamentarsi si sentiva rispondere “Ma sì tranquillo, tanto voi neri siete forzuti e potete fare questi lavori”. Per non parlare poi della busta paga, ogni mese era sempre più bassa. Idrissa si stanca e decide di licenziarsi perché è stufo di essere trattato male, di essere sottopagato ecc, e con i soldi messi da parte si apre un piccolo chiosco di panini.
All’inizio gli affari non vanno tanto bene, ma a poco a poco inizia a farsi conoscere e fa il pienone ogni sera, tanto che ora anche il fratello lavora con lui alla “ditta di famiglia”. Quando non lavora, Idrissa segue corsi per specializzarsi nello street food. Gli anni sono passati e l’inesperto ragazzo senegalese ora è il proprietario di un ristorante tutto suo il “Food Paradise”; e quando le ordinazioni sono tante, chiama i genitori ad aiutarlo.
Nicola D’Angiolella, classe 3° B