Nel settore metalmeccanico c’è un marcato divario retributivo, che arriva anche al 15% in meno in alcuni casi. È quanto emerge da un rapporto sulla parità di genere realizzato da sindacato Fim-Cisl, su un campione di 701 aziende metalmeccaniche.
Il primo dato che mette in luce lo studio è che “l’occupazione nelle imprese metalmeccaniche è in crescita, segno di buona salute, anche se l’occupazione femminile non cresce nella stessa misura. Infatti, il 99% degli occupati dispone di strumenti di welfare”.
L’81% dei lavoratori delle imprese intervistate può contare sulla contrattazione aziendale di secondo livello. Nel settore il 20,9% della forza lavoro è costituita da lavoratrici, con 61.664 donne occupate.
“La quasi totalità del lavoro part-time riguarda le donne, che rappresentano l’81,8% dei lavoratori stabilmente impegnati in un lavoro a tempo parziale. Inoltre, il 20,44% delle donne che lavorano nella industria metalmeccanica fa ricorso al part-time”.
E sono proprio le lavoratrici a ricevere retribuzioni più basse. “Le donne – si legge – soffrono di un minore riconoscimento economico professionale e di divari ancora significativi (-15%), che si ampliano in modo insostenibile nelle aziende non sindacalizzate, nelle piccole e medie imprese e in quelle localizzate al Sud”.