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Commercio: saldi flop. Stipendi troppo bassi e Bonus Meloni insufficienti (ma nessuno ne parla)

Confcommercio fa sapere che nella prima settimana dei saldi di stagione le vendite sono state un vero e proprio flop, seppur parziale perchè riferito alla prima parte del periodo che notoriamente dura per 2 mesi.,

Si parla di una “falsa partenza” che hanno fatto registrare una flessione dell’8%, rispetto alle precedenti edizioni, da parte del 55% dei negozianti. Solo il 24% ha avuto un volume di affari stabile mentre appena il 21% ha avuto un aumento rispetto allo stesso periodo.

Consumi fermi? Gli stipendi sono troppo bassi

Se i consumi sono fermi anche in un periodo dell’anno in cui ci si lascia andare agli affari di fine stagione è perchè da un lato i prezzi sono aumentati e dall’altro gli stipendi sono troppo bassi.

Sono aumentati i prezzi dei beni al consumo, a partire dall’abbigliamento e calzature, per cui anche i ribassi incidono relativamente sulle scelte della clientela. Ma quel che conta di più è l’inamovibilità degli stipendi. A dirlo non è TuttoLavoro24.it ma i principali e autorevoli osservatori internazionali come l’OCSE. In circa trent’anni, dal 1991 al 2022, i salari reali in Italia sono rimasti fermi con una crescita di appena l’1% a fronte di un rialzo del potere d’acquisto del 32,5% in media registrato in 38 Paesi membri e non solo europei. Persino in Colombia e Costa Rica gli stipendi sono aumentati più dell’Italia.

I Bonus del Governo non bastano

Oramai lo hanno capito tutti, anche i bambini. Gli aiuti che il Governo ha messo in campo migliorando alcune misure già sperimentate dall’Esecutivo precedente guidato da Mario Draghi, sono insufficienti.

Insufficiente è il Bonus Meloni, l’esonero contributivo del 7-6% che riduce i versamenti Inps a carico dei lavoratori ma non il prelievo fiscale. Che anzi aumenta a causa del fiscal drag. E poi c’è il tetto dei 35.000 euro annui oltre i quali si ritorna a pagare come prima e più di prima, con la conseguenza che la più penalizzata è la cosiddetta classe media, che non riesce più a spendere come prima.

Lo stesso vale per il Bonus Mamma, misura temporanea che dura 1 anno o 3 anni, a seconda della consistenza del nucleo familiare, che se produce una maggiore disponibilità economica alle lavoratrici dall’altra fa aumentare l’imponibile fiscale. L’effetto è lo stesso: mentre si pagano meno contributi aumenta l’area di prelievo fiscale. Su questo il Governo non ha posto alcun freno.

Non bastano quindi i dati ISTAT dell’occupazione che fanno registrare un calo dei disoccupati al 7,5% nel mese di novembre. Quei dati confermano che il lavoro c’è ma resta povero.

Rinnovi contrattuali fermi

Allo stesso modo i rinnovi dei CCNL di settore non aiutano i lavoratori poiché arrivano con notevole ritardo e lasciano scoperti economicamente i dipendente per oramai lunghissimi periodi di tempo. Pensiamo ai settori Commercio, Terziario, Servizi o anche al Turismo. I CCNL sono scaduti da più di 4 anni e le parti sociali al tavolo negoziale non hanno trovato ancora una soluzione per i lavoratori. Nelle scorse settimane si era parlato di un’ipotesi di chiusura a circa 200 euro per il IV Livello.

Drammatica è anche la situazione dei lavoratori dipendenti degli Istituti di Vigilanza e servizi Fiduciari: dopo quasi un decennio di carenza contrattuale hanno avuto 140 euro in busta paga e ora rivendicano – nell’immediato – un nuovo aumento stipendiale.

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