L’Assegno Unico spetta anche se il figlio a carico è un lavoratore. Ci sono però delle condizioni da rispettare, sia per quanto riguarda l’età del figlio, sia per la tipologia di lavoro svolto. Vediamo.
Assegno Unico, ne ha diritto il figlio maggiorenne che lavora?
L’Assegno Unico spetta per tutti i figli a carico fino a 21 anni. Non ci sono limitazioni di età, invece, se i figli sono affetti da disabilità.
Spetta indipendentemente dall’ISEE. L’ISEE infatti è usato per calcolare il valore mensile dell’assegno, ma non limita l’accesso alla prestazione. Più l’ISEE è alto e minore sarà il valore dell’assegno.
Per i figli minorenni l’importo è più alto che per i maggiorenni, ma anche questi ultimi ne hanno diritto fino al compimento dei 21 anni a patto che:
- frequentino un corso di formazione scolastica o professionale, o un corso di laurea;
- svolgano un tirocinio;
- siano registrati come disoccupati e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego;
- svolgano il servizio civile universale.
Vediamo cosa stabilisce la legge per chi invece svolge una qualsiasi altra attività lavorativa.
Quale reddito non va superato
Un figlio under 21 a carico dei genitori ma che lavora ha diritto all’Assegno Unico? In generale sì, ma c’è una determinata soglia di reddito da rispettare. Infatti, il figlio maggiorenne a carico che lavora ha diritto all’Assegno Unico mensile solo se possiede un reddito complessivo inferiore a 8mila euro annui.
Lo stabilisce l’articolo 2, comma 1, del Decreto Legislativo 29 dicembre 2021, n. 230 e lo ribadisce anche INPS, tramite social:
Come ricorda INPS, anche se il figlio lavoratore mantiene il diritto alla prestazione, la domanda va comunque modificata. Così facendo si evita di dover restituire una somma indebitamente percepita più alta. Se il figlio a carico lavora, infatti, l’importo mensile dell’Assegno Unico verrà ribassato.