Il “tempo-tuta” rientra a tutti gli effetti nell’orario di lavoro degli operai e, come tale va retribuito. Sulla dibattuta questione si è oramai assestato un orientamento giurisprudenziale prevalente che fa leva su sentenze di Cassazione e Corte di Giustizia europea.
Se tra aziende e lavoratore non si arriva ad una quadra, molto spesso si finisce in Tribunale. Specie se la questione non ha trovato il suo equilibrio durante un lungo rapporto di lavoro. E’ per questo motivo che oggi, abbiamo, più del passato molti pronunciamenti giurisprudenziali.
Pronunciamenti, cioè sentenze che hanno dato ragione al lavoratore nella maggior parte dei casi, in quanto costituisce orario di lavoro tutti quei casi in cui il dipendente “è posto in una situazione nella quale è obbligato giuridicamente a eseguire le istruzioni del proprio datore di lavoro e a esercitare la propria attività per il medesimo”.
Tempo-tuta o tempo-divisa va retribuito
Il tempo necessario per indossare e dismettere la divisa da lavoro o la tuta antinfortunistica rientra nell’orario di lavoro. Conseguentemente quel tempo deve essere incluso nel cedolino paga.
I giudici parlano di “assoggettamento del lavoratore al potere di conformazione del datore di lavoro”. In quei frangenti il lavoratore non è libero di disporre del suo tempo.
Tempo-tuta nel CCNL Metalmeccanica Industria
Il CCNL Metalmeccanica Industria prevede che “all’inizio dell’orario di lavoro il lavoratore dovrà trovarsi al suo posto per iniziare il lavoro”. In tale previsione risulta implicito che il modo in cui presentarsi deve essere quello indicato dall’azienda, che indica una certa modalità di conformazione a seconda della circostanza: tuta da officina, tuta da montaggio, ecc.
L’unica trattenuta sulla retribuzione prevista (art. 1 del titolo III) è quella relativa al ritardo nell’entrata a lavoro:
“al ritardatario il conteggio delle ore di lavoro sarà effettuato a partire da un quarto d’ora o mezz’ora o mezz’ora dopo l’inizio dell’orario di lavoro che avrebbe dovuto osservare, a seconda che il ritardo sia compreso nei primi 15 minuti o oltre i 15 e fino ai 30″.
Tale meccanismo di decurtazione dell’orario e quindi della retribuzione, in più delle volte attuata scalando pari tempo dal monte ore permessi, non costituisce in alcun modo sanzione disciplinare.
Rientra nelle condotte gestibili con la sanzione disciplinare il ritardo “senza giustificato motivo” del lavoratore (art. 9, Sezione IV, Titolo VII).