HomeEvidenzaNASpI più difficile per chi si dimette

NASpI più difficile per chi si dimette

E’ stato approvato in via definitiva il DDL Lavoro che apporta un’importante modifica alla disciplina che consente l’accesso alla NASpI.

Avere la NASpI senza presentarsi più a lavoro

Come noto il trattamento di disoccupazione spetta nei casi di disoccupazione involontaria. Quindi in caso di licenziamento del lavoratore o in caso di scadenza del contratto di lavoro a termine. Spetta anche in caso di dimissioni del lavoratore/lavoratrice qualora siano sorrette da giusta causa, ad esempio se il datore di lavoro non paga regolarmente le retribuzioni. E nella casistica indicata dalla circolare Inps n. 32 del 20 marzo 2023.

Fino ad ora era possibile accedere alla NASpI anche in caso di dimissioni camuffate da licenziamento. Quando il lavoratore, intenzionato a cessare il rapporto di lavoro, non si presenta in azienda spingendo il datore, dopo un po’ di giorni, a dover interrompere il rapporto per assenza ingiustificata perpetuata.

Era una prassi diffusa tra i lavoratori più arguti, per poi arrivare agevolmente ad ottenere l’indennità Inps, poichè alla base della cessazione c’era tecnicamente un licenziamento e non le dimissioni volontarie.

Il lavoratore assente viene considerato dimissionario

Da ora in avanti questa prassi non potrà più essere messa in pratica per una norma che prevede che in caso si assenza ingiustificata per oltre 15 giorni, oppure per il diverso periodo stabilito dal CCNL, il datore può fare una comunicazione della circostanza alla sede dell’Ispettorato del Lavoro territoriale su cui poi farà una verifica circa la veridicità.

In questi casi, prevede la norma, “il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore” e non si applicano le norme sulle dimissioni in bianco. La prima conseguenza è che il lavoratore non avrà i requisiti per accedere alla NASpI. Inps pertanto rigetterà la domanda, considerato che manca il requisito della stato di disoccupazione involontario.

L’unica alternativa, che potrà “salvare” il lavoratore, è dimostrare l’impossibilità di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza. La legge specifica che deve trattarsi di causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.

Insomma se il lavoratore era – ad esempio – su un letto d’ospedale in non buon condizioni di salute, dovrà dimostrare che per ragioni di forza maggiore non poteva presentarsi a lavoro e in quel caso devono ritenersi nulle le dimissioni per fatti concludenti.

Foto Credit: www.depositphotos.com

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