Il Governo Meloni sta per introdurre una modifica importante alla normative sul lavoro: la prescrizione dei crediti da lavoro si riduce drasticamente. Si tratta di un emendamento, inserito nel decreto ex Ilva, firmato da Fratelli d’Italia, che prevede che il lavoratore abbia solo cinque anni per richiedere stipendi non pagati o altre somme dovute.
E la novità più pesante? Il termine inizia a decorrere mentre il contratto è ancora attivo, non più alla sua chiusura come avveniva finora.
Chi è coinvolto e cosa cambia
Questa regola riguarda le aziende con più di 15 dipendenti. Chi lavora in imprese più piccole continuerà a contare il tempo dopo la cessazione del rapporto. Con le nuove norme, sparisce la possibilità di recuperare cifre accumulate anche per oltre un decennio, pensiamo ad arretrati non pagati come:
- ore di lavoro straordinario, notturno o festivo;
- trattamento di fine rapporto;
- differenziali retributivi derivanti dall’affidamento a mansioni superiori;
- riallineamento carriera, come nel caso dei docenti;
- ratei di 13a e 14a, ecc.
Prima, infatti, era possibile chiedere fino a 18 anni di arretrati: cinque di prescrizione più i tredici maturati sotto tutela precedente alla legge Fornero.
Numeri chiave da ricordare
Queste le modifiche in arrivo:
- 5 anni: tempo massimo per far valere i crediti quando si è ancora in forza.
- 180 giorni: il lavoratore avrà sei mesi per avviare l’azione dopo la richiesta.
- 18 anni: erano i tempi per recuperare somme non pagate, ora non più.
In pratica, chi non agisce subito rischia di perdere tutto. Per sindacati e opposizioni si tratta di un “condono” a favore dei datori di lavoro che non rispettano i pagamenti.
Sindacati sul piede di guerra
Cgil e Uil definiscono la norma “ingiusta e pericolosa”, perché mette i dipendenti davanti a un bivio: denunciare mentre si lavora (con il rischio di ritorsioni) o rinunciare a migliaia di euro. Anche esperti di diritto parlano di incostituzionalità: il principio della retribuzione “giusta”, garantito dall’articolo 36, verrebbe compromesso.
Dalla parte del governo, invece, si parla di “certezza del diritto” e riduzione delle cause in tribunale. Ma la polemica è appena iniziata e tocca un nervo scoperto: quello dei diritti economici dei lavoratori.



