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Scuola, 100.000 dipendenti in meno entro 5 anni: Docenti a rischio Mobilità e Disoccupazione

L’Italia continua a perdere abitanti. Secondo i dati provvisori diffusi dall’Istat, al 31 luglio 2025 la popolazione residente nel Paese ammonta a 58.927.633 unità, con una diminuzione di circa 7mila persone rispetto all’inizio dell’anno (-0,1 per mille). Il calo, per quanto contenuto in termini assoluti, conferma una tendenza ormai strutturale che sta ridisegnando il profilo demografico del Paese.

Nei primi sette mesi del 2025 le nascite sono state appena 198mila, con una flessione del 6,2% rispetto allo stesso periodo del 2024. I decessi, invece, sono saliti a 379mila, in aumento dello 0,9%. Il saldo naturale, dunque, continua a essere fortemente negativo: il numero dei nati non riesce a compensare quello dei morti.

A ciò si aggiunge un quadro migratorio in rallentamento: le iscrizioni dall’estero diminuiscono dello 0,4%, mentre le cancellazioni per l’estero si riducono del 37,2%, segno che molti italiani scelgono di restare ma anche che l’afflusso dall’estero non è sufficiente a riequilibrare il declino interno.

Il rapido calo della popolazione studentesca

La contrazione della natalità ha effetti immediati e profondi sul sistema scolastico. Secondo le proiezioni del Ministero dell’Istruzione e del Merito, già nei prossimi cinque anni si prevede una riduzione di oltre 400mila alunni nella scuola dell’infanzia e nella primaria.

Le aule si svuotano, e con esse rischiano di ridursi anche i posti di lavoro per insegnanti e personale ATA. In molte regioni, specialmente nel Mezzogiorno, il calo demografico è tale da rendere inevitabile l’accorpamento o la chiusura di piccoli plessi scolastici.

Secondo i sindacati del comparto scuola, se la tendenza dovesse proseguire, entro il 2030 potrebbero andare persi tra i 70mila e i 100mila posti di lavoro nel settore dell’istruzione, soprattutto nei gradi iniziali del percorso formativo.

Mobilità forzata per gli insegnanti?

Il calo degli studenti comporta, in teoria, classi meno affollate e dunque migliori condizioni per l’apprendimento. Tuttavia, senza un piano di riconversione e riqualificazione del personale, la riduzione dell’organico rischia di tradursi in mobilità forzata, precarietà e contratti a tempo ridotti.

Molti docenti potrebbero trovarsi costretti a spostarsi verso aree con maggiore densità scolastica o a cambiare ruolo. Le regioni più colpite, come Basilicata, Molise, Sardegna e Calabria, vedranno nei prossimi anni un progressivo svuotamento dei propri istituti.

Le possibili contromisure

Per evitare che il declino demografico si traduca in una crisi occupazionale nel mondo della scuola, il governo e le amministrazioni locali stanno valutando alcune strategie:

  • Riconversione professionale dei docenti in eccesso verso nuovi profili educativi (educazione digitale, inclusione, formazione permanente degli adulti);
  • Potenziamento dei servizi educativi per l’infanzia, anche in funzione di politiche di sostegno alla natalità;
  • Riorganizzazione della rete scolastica, con l’obiettivo di salvaguardare le scuole nelle aree interne e montane;
  • Incentivi all’immigrazione qualificata e politiche di integrazione per famiglie straniere, che oggi rappresentano una parte sempre più importante della popolazione scolastica.

Il quadro demografico diffuso dall’Istat non è solo un insieme di numeri, ma un segnale d’allarme per il futuro del Paese. Meno bambini significano meno studenti, meno insegnanti e, in prospettiva, meno capitale umano su cui costruire la crescita economica e sociale.

La scuola italiana, da sempre specchio della società, sarà uno dei primi settori a dover affrontare le conseguenze di questo lento ma inesorabile invecchiamento della popolazione.
Il tempo per agire non è molto: il declino è già cominciato, e con esso il rischio di una progressiva desertificazione educativa in intere aree del Paese.

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