Una lavoratrice era stata licenziata per presunto abuso dei permessi della legge 104. Ma il datore di lavoro non le aveva fornito le prove a sua difesa in tempo utile. Ora la Cassazione dĂ ragione a lei: va reintegrata e risarcita con 12 mesi di stipendio.
Il caso: licenziamento per abuso della 104, ma senza mostrare le prove
Una lavoratrice si è vista togliere il posto di lavoro con l’accusa di aver abusato dei permessi della legge 104/1992, concessi per l’assistenza a familiari con disabilità .
Il datore di lavoro si era basato su un’indagine privata, ma durante il procedimento disciplinare non ha fornito alla lavoratrice il report investigativo su cui si basava l’accusa.
Solo in sede di giudizio le prove sono state mostrate. Troppo tardi, secondo la Cassazione.
Per la Cassazione è violato il diritto di difesa
La Suprema Corte ha confermato che ogni lavoratore ha diritto di conoscere in tempo le prove a suo carico, specialmente se i fatti contestati si sono svolti fuori dal contesto aziendale e parecchi mesi prima.
Il datore non è obbligato formalmente a consegnare i documenti, ma è comunque vincolato dalla correttezza e buona fede. Se il lavoratore ne fa richiesta, il datore deve rendere accessibili i materiali utili alla difesa, altrimenti il licenziamento è illegittimo.
La decisione: reintegro e 12 mensilitĂ di risarcimento
Il caso sottolinea un principio importante: le aziende possono fare indagini, ma devono condividere le prove in tempo utile, se vogliono che un licenziamento sia valido.
In caso contrario, il diritto del lavoratore alla difesa viene compromesso. E la sanzione può essere pesante: reintegro obbligatorio e risarcimento economico.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 24558 del 4 settembre 2025, ha infatti confermato la decisione della Corte d’Appello di Salerno:
- La lavoratrice deve essere reintegrata nel posto di lavoro.
- Il datore dovrĂ versarle 12 mesi di retribuzione come risarcimento per il licenziamento ingiusto.
Legge 104: la Cassazione chiarisce che non serve assistenza “h24”
La sentenza torna anche su un tema spesso oggetto di interpretazioni restrittive: l’uso dei permessi 104.
Secondo la Cassazione, non è necessario che il dipendente passi tutte le ore con il familiare disabile. Rientrano nei permessi anche attività come:
- andare a fare la spesa per lui,
- comprare medicine,
- accompagnarlo a visite o commissioni,
- gestire incombenze indirette legate alla sua assistenza.
Non serve che l’assistenza sia continua: basta che sia legata alle esigenze del familiare invalido.



