La Manovra 2026 apre un nuovo fronte di tensione tra il Governo e i sindacati del comparto Difesa e Sicurezza.
Il testo della Legge di Bilancio, recentemente bollinato dalla Ragioneria dello Stato, prevede un aumento dell’età pensionabile per militari, poliziotti, carabinieri e vigili del fuoco. Dal 2027 serviranno quattro mesi in più per lasciare il lavoro, che diventeranno sei nel 2028.
Una misura che — secondo i rappresentanti delle Forze Armate — rischia di penalizzare duramente il settore e di bloccare il turnover, mantenendo in servizio personale ormai prossimo alla soglia dei 60 anni.
L’aumento dell’età pensionabile: cosa cambia dal 2027 per militari e forze dell’Ordine
L’articolo 42 della Manovra 2026 introduce un incremento graduale dei requisiti anagrafici per il pensionamento del personale in divisa. In particolare:
- dal 2027 è previsto un aumento di 3 mesi,
- cui si aggiungerà un mese per l’adeguamento alla speranza di vita,
- e ulteriori due mesi nel 2028, per un totale di sei mesi complessivi.
Il Governo ha motivato la scelta come un adeguamento generale alle dinamiche demografiche, ma i sindacati denunciano una disparità di trattamento: il comparto sicurezza e difesa, infatti, non rientra tra le categorie escluse dall’aumento, come invece accade per i lavori gravosi o usuranti.
ASPMI: “Una norma scritta male e profondamente ingiusta”
Durissima la reazione dell’ASPMI (Associazione Sindacale Professionisti Militari), che ha espresso forte preoccupazione per le disposizioni contenute negli articoli 42 e 43 della Legge di Bilancio.
Secondo il sindacato, la misura è “poco chiara nella formulazione ma, se confermata nella sua interpretazione più nefasta, irragionevole nei contenuti e dannosa per l’efficienza complessiva del sistema”.
“Non è neppure chiaro se il legislatore abbia inteso intervenire sul requisito contributivo per il pensionamento anticipato, oggi pari a 41 anni di contributi (+ 12 + 3 mesi di finestra mobile) indipendentemente dall’età, oppure se si tratti di un aumento generalizzato che coinvolgerebbe anche i requisiti per la pensione di vecchiaia (60 anni per la maggior parte del personale), intervenendo così sul limite ordinamentale” spiega il sindacato in un comunicato.
Il timore è che la norma renda di fatto impossibile l’uscita anticipata, spingendo il personale verso un’età di pensionamento sempre più elevata, con il rischio di “bloccare il turnover e ritardare le nuove assunzioni” indispensabili per il comparto.
“Personale più anziano e meno efficiente, costi in aumento”
Nel comunicato, l’ASPMI sottolinea anche le ricadute pratiche di un simile provvedimento.
“Un simile aumento, in un comparto già caratterizzato da un’età media elevata, è immotivato, oltre che pericoloso. Chiediamo pertanto al Governo di chiarire se l’intenzione sia realmente quella di mantenere in servizio personale sempre più anziano, con il rischio di bloccare il turnover e ritardare ulteriormente le assunzioni di cui le Forze Armate e i Corpi di Sicurezza hanno urgente bisogno.” Poi aggiunge:
“Il personale prossimo al pensionamento, oltre ad avere una minore efficienza operativa, comporta costi maggiori rispetto al personale più giovane. In un momento storico in cui si guarda con preoccupazione agli scenari internazionali e si ipotizza addirittura la creazione di forze di riservisti, risulta pertanto contraddittorio che si scelga di mantenere in servizio personale ultrasessantenne anziché favorire il ricambio e il ringiovanimento del comparto.“
Sindacati dei militari in rivolta: “Colpiti invece che sostenuti”
Le critiche non arrivano solo dall’ASPMI. Diverse sigle del comparto sicurezza ritengono la Manovra 2026 un colpo basso ai corpi in divisa, già alle prese con la mancanza di fondi per:
- il rinnovo del contratto della dirigenza,
- l’adeguamento delle indennità legate alla specificità del servizio, come turni notturni, ordine pubblico e attività operative,
- e un piano straordinario di assunzioni, necessario a compensare i mille pensionamenti previsti nel 2026.
“Chiediamo dunque al Governo e al Parlamento di rivedere urgentemente la norma, chiarendone la portata e valutandone gli effetti reali sul comparto Difesa e Sicurezza, affinché non si trasformi nell’ennesimo intervento punitivo per chi ogni giorno serve lo Stato” conclude ASPMI.



