Il caso è questo. Un’azienda riceveva un verbale ispettivo dall’Inps con cui si chiedeva il pagamento dei contributi sull’indennità sostitutiva delle ferie relativamente a 13 dipendenti. Parliamo di ferie non godute dai dipendenti entro i 18 mesi dalla relativa maturazione, come invece stabilito dall’articolo 10 del Dlgs n. 66/2003 il quale non ammette la rinuncia al godimento effettivo da parte del lavoratore né la loro monetizzazione. Però l’Inps, ai sensi di legge, chiedeva che in ogni caso, trascorsi 18 mesi, i contributi su quei giorni di ferie dovessero essere pagati.
L’azienda opponeva ricorso alla richiesta Inps e si è arrivati in Cassazione. Come sottolinea Il Sole 24 Ore di oggi in edicola il “terzo grado di giudizio” si è pronunciato con la sentenza n. 26160/2020:
“affermando che in materia previdenziale costituisce base contributiva imponibile l’importo corrispondente alla indennità per ferie non godute nell’ipotesi in cui sia decorso il termine previsto dall’articolo 10 del Dlgs n. 66 del 2003, a prescindere dalla cessazione del rapporto di lavoro”.
Dunque, decorsi i 18 mesi entro i quali il lavoratore deve godere delle ferie (parliamo delle seconde 2 settimane, mentre le prime 2 settimane devono essere godute entro l’anno di maturazione) l’azienda è tenuta a versare i contributi relativi a quesi giorni di ferie, anche se non sono stati goduti dal lavoratore o effettivamente monetizzati (perchè vietato dalla norma di legge, che ne ammette la trasformazione in salario solo al termine del rapporto di lavoro).