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Fontana: “Lombardia è arancione, riaprono le scuole”. Confcommercio: “200milioni persi”. I guariti non conteggiati: l’errore della Regione

La Lombardia torna in zona arancione. Ad annunciare l’atteso passaggio dalla zona rossa a quella arancione della Regione è il presidente Attilio Fontana, che ha ricevuto da Roma la decisione sul riposiizonamento. “Un’ottima notizia. Viene confermato quello che da tempo sosteniamo, ovvero che i dati della Lombardia erano tali da collocare la nostra regione in zona arancione”, ha detto facendo poi sapere che “già da lunedì le scuole medie riprenderanno la propria attività in presenza”. Le superiori, invece, “potranno riprendere le lezioni in presenza secondo l’organizzazione stabilita nei piani operativi delle Prefetture. Regione Lombardia, per quanto di propria competenza – ha precisato – ha già attivato le procedure affinché il Trasporto pubblico locale attui quanto previsto dalle Prefetture”.

Poi il governatore ha rilanciato la polemica con il governo: “La sola presentazione del ricorso al Tar del Lazio contro decisioni inique tutte romane ha contribuito a raggiungere il risultato auspicato”, ha tuonato. Ma la relazione tecnica diffusa venerdì dall’Istituto Superiore di Sanità parla chiaro: la Lombardia è finita in zona rossa per via di un suo errore. Analisi condivisa anche dal governo, con il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia che anche oggi ha ribadito, in un’intervista al Corriere della Sera, quanto detto già ieri dal ministro della Salute Roberto Speranza, ovvero che se dieci milioni di abitanti sono rimasti una settimana con i negozi chiusi e i limiti agli spostamenti, la colpa è dei dati sbagliati forniti dalla stessa Regione che hanno di conseguenza sballato il valore Rt. Alla base dell’errato posizionamento della Lombardia in zona rossa c’è infatti un errore del calcolo dell’Rt, ovvero l’indicatore della diffusione del virus: migliaia di persone guarite dal Covid (dal 12 ottobre ad oggi, ndr) non sono state depennate dal conteggio dei positivi per un errore nella compilazione dei report sui malati. “Nessuno mai prima ci ha detto che altrimenti i guariti non sarebbero stati conteggiati”, la giustificazione della Regione.

Il Pirellone però nega ogni responsabilità, con la neo assessora al Welfare Letizia Moratti che a Repubblica smentisce di aver rettificato in settimana i dati sui contagi e il governatore Fontana che torna all’attacco contro il governo: “Ai professionisti della mistificazione della verità, ribadisco ancora una volta che i ‘dati richiesti’ alla Lombardia sono sempre stati forniti con puntualità e secondo i parametri standard. Semmai qualcuno a Roma dovrebbe chiedersi come mai Regione Lombardia abbia dovuto segnalare il ‘mal funzionamento’ dell’algoritmo che determina l’Rt dell’Iss. Chi, invece, sostiene il contrario lo deve dimostrare con atti concreti e non manipolando la realtà a uso propagandistico”. Intanto a gettare benzina sul fuoco è Confcommercio, che raccoglie le lamentele dei commercianti lombardi: solo gli esercizi commerciali di Milano denunciano una perdita di almeno 200milioni di euro di mancato fatturato in questa settimana di zona rossa.

L’errore di calcolo – Alla base dell’errato posizionamento della Lombardia in zona rossa c’è un errore del calcolo dell’Rt, ovvero l’indicatore della diffusione del virus, da parte della Regione. A chiarire quanto accaduto sono l’epidemiologo Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento (che fa i conti per il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità) e l’epidemiologo Danilo Cereda dell’assessorato alla Sanità della Lombardia (autore dei report di Regione Lombardia sui contagi), che hanno spiegato al Corriere della Sera cosa è successo: migliaia di guariti sono stati conteggiati come ancora positivi. Come è stato possibile? La spiegazione è semplice: un errore nella compilazione dei report sui malati di Covid. Come spiega il Corriere, dal 12 ottobre, in base alle nuove norme del ministero, i positivi al Covid possono interrompere l’isolamento tra i 10 e i 21 giorni dalla comparsa dei sintomi senza più il doppio tampone negativo. “Tutti loro nei report compilati da Cereda compaiono come persone con ‘inizio sintomi’, ma senza la descrizione dello stato clinico (asintomatico, paucisintomatico, sintomi). Se il campo non è compilato, in assenza di informazioni, quando guariscono, non vengono depennati. In sintesi: entrano nel conteggio, ma non escono mai“. “Quel campo non è obbligatorio, è sbagliato forzarlo – ha spiegato la Regione al Corriere – L’informazione la forniamo nel momento in cui i medici ce la segnalano”. A quanto pare, solo negli ultimi giorni il Pirellone ha deciso di iniziare a compilare quel campo, in accordo con l’Istituto Superiore di Sanità: “Nessuno mai prima ci ha detto che altrimenti i guariti non sarebbero stati conteggiati“. Ecco quindi che le cifre sugli attualmente positivi al virus sono cambiate drasticamente. La cosa è stata spiegata nell’allegato tecnico che accompagna il ricorso presentato dalla Regione al Tar contro l’assegnazione della zona rossa: “Finora la sovrastima dell’Rt ( che si trascina dal 12 ottobre, ndr ) è stata mascherata dal fenomeno più rilevante in termini numerici dell’aumento dei casi della seconda ondata (oltre 300 mila) – sottolinea la Lombardia -. Pertanto tale fenomeno si è osservato solo adesso evidenziando in tal modo la sovrastima del Rt“.

Le tappe della vicenda – Il 20 gennaio, un giorno dopo aver presentato il ricorso al Tar, la Regione Lombardia ha inviato l’aggiornamento della situazione epidemiologica nel quale era indicata “una rettifica dei dati relativi alla settimana 4-10 gennaio“. Mentre protestava pubblicamente, stava correggendo i propri dati. Uno sbaglio nemmeno da poco: quello che veniva cambiato è il “numero dei casi in cui viene riportata una data inizio sintomi e, tra quelli con una data di inizio sintomi, quelli per cui viene data un’indicazione di stato clinico laddove assente”. Cambiamenti che, spiega sempre la relazione dell’Iss, “riducono in modo significativo il numero di casi che hanno i criteri per essere confermati come sintomatici e pertanto inclusi nel calcolo Rt“. Ora, anche sulla scorta dell’ultimo monitoraggio in cui la Lombardia ha un Rt medio a 0,82 (0,78-0,87), è possibile una rivalutazione che porti la Regione in zona arancione. Una ricostruzione che il governatore Fontana però contesta: “Per quanto riguarda la trasmissione dei dati, Regione Lombardia ha sempre mandato dati puntuali, precisi e corretti“, sostiene il leghista, di fatto accusando di falso la relazione. L’Iss poco dopo pubblica una nota: “L’Istituto Superiore di Sanità è un organo tecnico scientifico che lavora con i dati inviati dalle Regioni e Province autonome e ripetutamente validati dalle stesse. Questo – si legge sempre nella nota – avviene da 37 settimane regolarmente con tutte le Regioni e Province autonome. La Regione Lombardia, nella settimana corrente, ha modificato i dati relativi alla settimana precedente il 22 gennaio. La modifica ha riguardato in particolare il numero di pazienti sintomatici con infezione confermata sui quali si basa il calcolo dell’Rt. Questa variazione – conclude la nota – ha comportato la modifica della stima di Rt della settimana precedente“. Quindi, la Lombardia era in zona rossa, ma se Fontana avesse inviato i dati corretti sarebbe finita in zona arancione, con i negozi aperti. Di fronte alle accuse di Fonta, interviene anche il ministero della Salute che esprime “massima fiducia nell’Istituto Superiore di Sanità che dall’inizio della pandemia di Covid-19 è al lavoro per affrontare l’emergenza”.

Confcommercio: “Solo a Milano persi 200 milioni di euro” – A calcolarlo è Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano: “Il nostro ufficio studi – spiega in un’intervista all’Adnkronos – aveva calcolato che la zona rossa fino alla fine di gennaio avrebbe comportato un danno economico di circa 485 milioni a Milano tra abbigliamento e pubblici esercizi. Tenendo conto di bar e ristoranti per una settimana siamo almeno a 200 milioni“. Il ritorno in zona arancione è una “buona notizia”, ma, dice Barbieri, “non possiamo continuamente fare ‘apri e chiudi’, le imprese non sono interruttori”. L’eventualità che sia colpa di un errore di trasmissione di dati da parte della Regione Lombardia non conta molto per il segretario: “Non sappiamo e poco interessa di chi sia la responsabilità. Non abbiamo mai avuto in mano i dati e i criteri per cui venivano stabilite le zone. Queste sono valutazioni di natura scientifica, a noi associazioni di rappresentanza spetta sottolineare che le imprese sono in sofferenza e che bisogna ristorarle”. Il rimedio ora è “dare certezze sul medio-lungo periodo”.

Zona arancione: cosa si può fare e cosa no – Nelle Regioni arancioni è possibile spostarsi solo all’interno del proprio Comune. Ma c’è una deroga, introdotta durante le vacanze di Natale e confermata anche in questi giorni: a chi vive in un Comune fino a 5mila abitanti, è comunque consentito spostarsi liberamente, tra le 5.00 e le 22.00, entro i 30 km dal confine del proprio Comune (quindi eventualmente anche in un’altra Regione o Provincia autonoma), con il divieto però di spostarsi verso i capoluoghi di Provincia. Bar, ristoranti e pasticcerie sono chiusi, ma restano consentiti l’asporto e le consegne a domicilio. I negozi, invece, sono aperti regolarmente. Anche qui è confermato il coprifuoco dalle 22 alle 5, un orario durante il quale ci si può spostarsi solo con apposita autocertificazione. L’autocertificazione (scaricabile qui) serve solo per andare in un altro Comune, in un’altra Regione o per muoversi durante le ore notturne, a patto che sussistano motivi di salute, lavoro o necessità.

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Fonte: ilfattoquotidiano.it

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