Quello dei licenziamenti non è tema secondario. Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha elevato a questione ”nazionale” che il nuovo governo dovrà affrontare.
Il prossimo 31 marzo infatti scade la norma che vieta i licenziamenti. Si tratta di un divieto che è in vigore, nel nostro ordinamento, sin dal 17 marzo 2020, quando in pieno lockdown il governo Conte decise che “nessuno doveva perdere il posto di lavoro per via del Coronavirus”.
Di proroga in proroga siamo arrivati a quasi un anno di vigenza. Il tema è quindi caldissimo anche per le forti pressioni sindacali. Lo sottolinea Il Sole 24 Ore in edicola oggi:
“Del tema si parlerà nell’incontro tra premier incaricato e le parti sociali. I sindacati premono per proseguire il blocco almeno per tutta la durata dell’emergenza Covid. Le imprese, invece, chiedono di rimuovere il blocco che ha ostacolato le ristrutturazioni aziendali e il turn over a favore dei giovani. Quello che è evidente è che nessun altro Paese nell’area delle nazioni industrializzate dell’Ocse ha adottato una misura analoga, e una nuova proroga generalizzata rischia di dar luogo a ricorsi di incostituzionalità. Il blocco potrebbe essere legato alla concessione di nuove settimane di cassa covid gratuite per le imprese, secondo il principio che mentre le utilizzano non possono licenziare”.
Dunque secondo il quotidiano economico Draghi potrebbe mettere fine al “blocco” – o al massimo consentirne una mini-proroga – non solo per consentire alle imprese di procedere con le ristrutturazioni, che necessitano di un via libera ai licenziamenti (comunque regolamentati dalla legislazione ordinaria), ma anche per non aprire ad una pioggia di ricorsi giudiziari per incostituzionalità motivati da una irragionevole prolungamento del divieto – oltre l’emergenza – che si traduce, di fatto, in una limitazione della libertà di iniziativa economica dei datori di lavoro.