“La valutazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, per quel che concerne la Sardegna, obbliga a una riflessione che va oltre la consistente dotazione finanziaria e la sua complessa costruzione programmatoria e attuativa”. Così la Cisl Sardegna in una nota nella quale sottolinea in sintesi la necessità “di mettere insieme capacità di governance, competitività e produttività del sistema, garantendo insieme equilibrio degli interventi e giustizia sociale”. (…) “Cosa c’è di più e di diverso nel PNRR,- si chiede la Cisl – rispetto al Piano di Rinascita e ai Fondi strutturali, in grado di intaccare positivamente le antiche e attuali diseconomie e di rimuovere i lacci e i lacciuoli di un rapporto con lo Stato che deve essere superato quanto a poteri e competenze?” tenendo presente che “permangono negli anni inalterate le diseconomie di tipo strutturale che non sono state appunto intaccate sia dal Piano di Rinascita che dalla programmazione europea attraverso i Fondi strutturali”. La regione infatti “superato il primo ventennio degli anni duemila, indipendentemente dalle conseguenze provocate dalla pandemia da covid19, non ha recuperato i divari economici e sociali sia rispetto alle regioni del centro-nord del Paese che rispetto al dato medio della Unione Europea”.
“Da un esame del PNRR non si evince un’attenzione particolare alle specifiche situazioni geografiche, storiche, economiche e sociali della Sardegna. Rispetto anche alle altre regioni del sud, che pure non vengono trattate come una priorità per affrontare l’irrisolta questione del divario con il centro- nord, la Sardegna appare del tutto residuale su interventi decisivi per l’economia” come ad esempio ciò che riguarda la mobilità e i trasporti. (…)
E cita le “esperienze storicamente maturate in altri momenti, sia a livello europeo che nazionale e regionale, per fronteggiare le crisi e per rilanciare lo sviluppo e il lavoro” come il piano Marshall o l’altra esperienza storica “per fronteggiare le difficoltà dello sviluppo e della economia, come quella della Sardegna con il Piano straordinario per favorire la Rinascita economica e sociale, in attuazione dell’articolo 13 della Legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.3.
“L’insegnamento che si può trarre da queste esperienze storiche è che conta, naturalmente, la qualità delle leadership che governano e attuano i Piani, dunque le risorse umane oltre a quelle finanziarie, la tempestività delle scelte e dunque una limitazione all’eccessivo peso della burocrazia, la partecipazione democratica e il coinvolgimento sia in fase di programmazione che di attuazione della mediazione sociale”. (…) Per la Cisl sarda “decisiva la finalizzazione degli interventi su obiettivi che garantiscano insieme il rilancio produttivo e la competitività delle imprese, con un articolato sistema e inclusivo di tutele per le politiche attive e passive del lavoro, attraverso un cooperante e non competitivo coordinamento tra le diverse istituzioni locali e nazionali, la definizione chiara del carattere aggiuntivo delle risorse del Piano rispetto a quelle ordinarie, il recupero delle disparità territoriali”
“Come già avvenne per l’esperienza della Legge di Rinascita, al di là delle difficoltà insorte in corso d’opera, – conclude la Cisl – occorre che la Giunta Regionale recuperi con urgenza una capacità di proposta forte ed unificante per tutti i Sardi sui temi dello sviluppo, del lavoro e della coesione sociale, proposta per la quale è oggi indispensabile, come lo fu allora, aprire una stagione di confronto e partecipazione delle parti sociali e di tutte le istanze rappresentative, con l’obiettivo di definire, insieme al Governo Nazionale e alla stessa Europa, un nuovo e concertato patto per lo sviluppo in Sardegna”. (Il comunicato integrale)
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Fonte: cisl.it