La «terza Gigafactory» europea delle batterie, dopo quelle annunciate in Francia e Germania, sarà in Italia e precisamente in Molise presso lo stabilimento Powertrain di Termoli (CB) – gruppo Fiat – che attualmente produce motori e sarà convertito alla costruzione di batterie per le auto elettriche dell’intera produzione di Stellantis. Ad annunciarlo è stato ieri Carlos Tavares, amministratore delegato del quarto gruppo automobilistico mondiale nato dalla fusione di FCA (Fiat Chrysler) e PSA.
Una scelta che di certo non fa felice coloro che puntavano alla valorizzazione del polo di Torino. Storicamente votato alla produzione di automobili e fermo con centinaia di dipendenti in cassa integrazione da anni.
Secondo quanto scrive il quotidiano il manifesto in edicola oggi la nuova strategia Stellantis ha creato più di qualche malumore tra i piemontesi (ma non solo), esponenti del mondo politico, sindacale, lavoratori e operatori della filiera:
“Una scelta festeggiata da governo – non sono noti gli incentivi anche tramite Pnrr promessi a Tavares per vincere il derby con la Spagna – e sindacati. Non certo a Torino, dove meno di due giorni fa la Fiom aveva tenuto il «Mirafiori Day» proprio per chiedere che la gigafactory sorgesse nello storico stabilimento della famiglia Agnelli, solo in teoria azionista alla pari nella fusione con Psa. Invece per la Torino in cui ci sono operai ex Fiat e ex Fca che fanno cassa integrazione anche da 14 anni nessun annuncio e grandi nubi nere all’orizzonte di questa fusione asimmetrica che dimentica la storia dell’auto.
Dopo anni di silenzio compiacente nell’epoca del disimpegno di Marchionne, ieri si è svegliato rabbioso l’inedito duo istituzionale Cirio-Appendino. Il presidente forzista del Piemonte e la sindaca M5s di Torino condividono una nota in cui parlano di «decisione che tradisce Torino e il Piemonte» e chiamano in causa direttamente il governo Draghi: «Attendiamo di avere parole chiare da Roma per capire su che basi questa scelta sia stata condivisa con il governo», chiudendo con una promessa al limite del comico: «Trasformeremo la rabbia in azione». Chissà, forse faranno causa alla famiglia Agnelli. Oppure al ministro Giancarlo Giorgetti che si intesta la scelta: «Bella e attesa notizia, ora prosegua il confronto sul piano industriale con le parti interessate», dichiara il leghista”.
Il disappunto ‘piemontese’ – che come visto non trova sostegno nel Governo – è confermato anche dal quotidiano torinese La Stampa che scrive:
“i sindacati non intervengono sulla location, ma rivendicano il mantenimento della piena occupazione, a Torino non nascondono il proprio disappunto per l’esclusione del capoluogo piemontese. La sindaca Chiara Appendino e il governatore Alberto Cirio ci vanno giù pesante. ‘Questa decisione – dicono – tradisce Torino. Tradisce il Piemonte, la sua storia, i suoi lavoratori, le sue Università e in generale una terra che ha inventato l’auto, ha investito, ha rischiato e che ha un credito enorme verso questa azienda e verso questo Stato'”.
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