“Nei soli mesi di maggio e giugno sono stati creati 520.000 posti di lavoro a tempo determinato, portando il numero complessivo dei nuovi contratti a termine attivati dall’inizio dell’anno, al netto delle cessazioni, a circa 611.000, 245.000 in più rispetto al 2019 (il saldo era stato sostanzialmente nullo nella prima metà del 2020)”. Così il rapporto sul mercato del lavoro della Banca d’Italia diffuso appena qualche giorno fa.
Un boom di contratti di lavoro nella ‘variante’ a termine probabilmente legata alla ripresa dei consumi, delle attività e di quelle stagionali in particolare.
Ma il contratto a termine non è solo la forma di contratto più utilizzata in questo periodo, è anche – da anni – un argomento di confronto (e scontro) sul terreno sia politico che sindacale. Ecco perché in Parlamento ieri, con il primo voto sulla legge di conversione del Decreto Sostegni bis, – ora il testo va al senato che lo licenzierà in pochi giorni – approfittando di un’ampia maggioranza (solo FdI ha votato contro) si è deciso di mettere mano ad una materia tanto ostica quanto delicata.
CONTRATTO A TERMINE: NOVITA’ DEL DECRETO SOSTEGNI BIS
Due sono le novità previste dal ‘nuovo’ Sostegni bis in tema di contratti a termine.
A partire dalla sua entrata in vigore – dunque dopo il voto favorevole anche del Senato – il contratto potrà avere una durata delimitata non solo per la ragioni giustificatrici previste dalla legge, si tratta delle 3 causali previste dal Decreto Dignità, ma anche per le “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi“.
I contratti quindi potranno individuare le nuove causali che giustificano la stipula da parte di azienda e lavoratore del contratto a termine.
La seconda novità che arriva dalla Camera dei deputati è che il primo contratto a termine tra due parti potrà avere una durata superiore a 12 mesi (oggi è fermo a 12) ma comunque non eccedente 24 mesi ma solo per le causali previste dalla contrattazione collettiva.
Restano invariate le attuali regole sulla acausalità del primo contratto a termine con durata massima di 12 mesi, prolungabile in presenza di una delle 3 ragioni previste dal Decreto Dignità.
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