HomeCronaca sindacaleGreen Pass in mensa: perché solo nelle fabbriche? Oggi il primo sciopero

Green Pass in mensa: perché solo nelle fabbriche? Oggi il primo sciopero

Francesca Re David, che sta succedendo nelle fabbriche ancora aperte dopo che il governo ha detto che per andare a mensa è obbligatorio il green pass?

«Che ci sono già contenziosi. Colpa del governo, che ha le idee confuse e non conosce minimamente i luoghi di lavoro»,  risponde la segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David. 

Perché il governo avrebbe le idee confuse?

«Beh, perché nella circolare del ministero degli Interni del 5 agosto viene spiegato che nelle mense aziendali si applicano i protocolli di sicurezza mentre il green pass va chiesto solo alle persone che vengono da fuori. Noi, intanto, dove le aziende vogliono imporre il green pass, scioperiamo, come faremo (oggi, ndr.) alla Hanon di Torino».

E perché il governo non conoscerebbe i luoghi di lavoro?

«Perché non sa che i lavoratori hanno solo mezz’ora di pausa mensa (da quando lasciano la postazione a quando ci ritornano), dove tra l’altro ci sono i divisori di plexiglas, si fa la sanificazione, si mantengono le distanze e si osservano tutte le altre misure previste dai protocolli di sicurezza voluti dal sindacato».

Ma  perché siete contrari al green pass obbligatorio?

«Guardi, è incredibile che stia passando questo messaggio. Rimettiamo le cose in ordine. All’inizio della pandemia noi abbiamo dovuto scioperare, era l’8 marzo 2020, per ottenere che nei luoghi di lavoro si introducessero mascherine, distanziamento, sanificazioni e le altre misure dei protocolli sottoscritti con le imprese. E poi ci siamo dovuti difendere da chi voleva riaprire subito e ora vorrebbe abbassare la guardia. Così facendo noi abbiamo difeso i lavoratori e il Paese».

A maggior ragione: perché siete contrari al green pass?

«Noi diciamo che un governo con tutte queste contraddizioni non può scaricare sulle parti sociali, che sono parti private, una decisione che eventualmente va presa per legge e sulla base di precise indicazioni scientifiche».

E perché lo farebbe?

«Perché non è in grado di raggiungere un accordo nella maggioranza con quelle forze che erano  contro mascherine e distanziamento e ora vorrebbero allentare le misure di sicurezza. E così tenta di scaricare su di noi decisioni punitive solo per una parte».

Perché dice questo?

«Perché se, ripeto, la comunità scientifica dicesse che è ci vuole  l’obbligo del green pass o della vaccinazione, allora non si capisce perché  dovrebbe valere solo per chi va in fabbrica, ma non sui mezzi di trasporto o nei supermercati o in Parlamento».

Che c’entra il Parlamento?

«No è solo una curiosità: mi chiedo se i parlamentari per mangiare alla bouvette devono esibire il green pass o per loro non vale».

Va bene, ma non si capisce perché il sindacato non si preoccupi innanzitutto di tutelare i lavoratori vaccinati rispetto ai no vax.

«Il sindacato è l’unico che si è preoccupato di tutelare i lavoratori quando altri pensavano solo a produrre».

Ma ora?

«Il governo ci chiami, ma non a cose fatte. Ci coinvolga nelle decisioni, ma sia chiaro che qualunque obbligo, di vaccini o di green pass, non potrebbe valere solo per le fabbriche e dovrebbero essere garantiti i tamponi gratuiti per chi non può vaccinarsi. Inoltre, la prima cosa da fare è una grande campagna informativa per convincere chi ancora non vuole a vaccinarsi».

 

Intervista di Enrico Marro a Francesca Re David, pubblicata sul Corriere della Sera del 13 agosto 2021

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Fonte: fiom-cgil.it

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