Purtroppo non c’è un solo settore dell’economia che non risentirà degli effetti negativi generati dallo scontro russo-ucraino. Se il comparto dell’autotrasporto è indubbiamente quello che ne ha risentito di più per via del caro carburante, comunque non è l’unico. Gli albergatori dovranno rinunciare ai turisti russi, che in quanto a spese non si pongono limiti, così come anche i ristoratori e servizi annessi dovranno fare a meno di loro. Ho.re.ca e turismo rischiano dunque di subire una nuova battuta d’arresto, pesante quasi come nel 2020.
Ultimo, ma certamente non per importanza, il settore dell’agricoltura. Come riporta Il Sole 24 Ore, il prezzo del grano è alle stelle (400 euro a tonnellata) e come aggiunge l’amministratore delegato del pastificio Divella:
“Ucraina e Russia garantivano il 40% del fabbisogno mondiale di grano. Venendo meno, è chiaro che altre zone di produzione come la Francia, l’Australia e il Canada, hanno aumentato i prezzi.“
A rischio anche l’approvvigionamento di mais, i cui maggiori fornitori sono l’Ucraina e l’Ungheria: ma la prima è sotto assedio e la seconda non esporta più. Secondo Assalzoo, il pericolo è che entro un mese le scorte italiane di mais siano già finite. Ma coltivare mais e grano in casa nostra per far fronte all’aumento dei prezzi, purtroppo, non è una valida alternativa: stando alle stime dei Consorzi Agrari d’Italia, il nostro Paese infatti importa dalla Russia e dall’Ucraina il 40% del fabbisogno dei fertilizzanti per le campagne: senza concime, la coltivazione primaverile rischia di dover fare a meno di tantissimi prodotti basilari della dieta mediterranea.
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