Arriva da alcuni esponenti di governo la proposta di retribuire i tirocini curriculari. Un’iniziativa che ha senz’altro del buono, soprattutto considerando come a volte agli stagisti venga chiesto di svolgere dei compiti anche al di fuori delle loro competenze o possibilità. Una sorta di riconoscimento per il lavoro svolto per chi al mercato del lavoro deve ancora affacciarsi. Tuttavia, equiparare un tirocinio scolastico a un vero e proprio lavoro comporterebbe maggiori oneri per gli imprenditori.
A scendere nel dettaglio della proposta avanzata è Il Sole 24 Ore, che nell’edizione del 31 maggio 2022 riporta:
“Stretta in vista per i tirocini curriculari. Alla Camera, una fetta di maggioranza capitanata da PD e M5S ha messo a punto il testo base di una proposta di legge che fissa dei paletti alle esperienze di formazione e lavoro previste nei percorsi di studio e necessari al conseguimento del titolo. Assimilandole, di fatto, a un rapporto di lavoro e bypassando le competenze regionali in materia. Le nuove regole introducono un’indennità di almeno 300 euro, oltre al rimborso integrale delle spese di trasporto sostenute dallo studente, di strumentazione (per i rapporti oltre le 5 ore giornaliere), di vitto, pena sanzioni fino a 3 mila euro. Tutto ciò mentre in Europa i tirocini curriculari, proprio per il loro contenuto formativo, non vengono retribuiti. Parallelamente, crescono anche gli adempimenti burocratici: dall’obbligo di comunicazione obbligatoria (alla stregua di un normale contratto) alle clausole premiali in caso di successiva assunzione alle quote massime di tirocinanti come avviene per i rapporti a termine.”
Secondo il PD e il Movimento 5 Stelle, dunque, un equo compenso per lo studente non dovrebbe scendere sotto i 300 euro, a cui sommare un rimborso per tutte le spese sostenute dal ragazzo. Considerando che la maggior parte dei tirocini curriculari (previsti sia da alcune scuole superiori sia da quasi tutti gli atenei) ha una durata di 150 ore, la paga oraria sarebbe di 2 euro.
Per adesso la retribuzione è assolutamente volontaria e a discrezione dell’azienda che si accolla il ragazzo. Per questo motivo, i 300 euro sarebbero sicuramente meglio di niente e già un primo passo per combattere lo sfruttamento del lavoro. Tuttavia, aggravare la situazione degli imprenditori imponendo loro maggiori vincoli e spese rischia di scoraggiarli e mettere a repentaglio l’unico modo che gli studenti hanno per imparare al di fuori del contesto scolastico/universitario.
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