Raggiunto per la prima volta in Europa l’accordo politico su una Direttiva in tema di salario minimo.
Che significato ha questo accordo? Cosa cambia per l’Italia? E per i lavoratori italiani?
Una prima risposta la dà il Commissario Ue al Lavoro, Nicolas Schmit. “Non imporremo un salario minimo all’Italia, non è questo il punto“, dice. “Sono molto fiducioso che alla fine il governo italiano e le parti sociali raggiungeranno un buon accordo per rafforzare la contrattazione collettiva, soprattutto per coloro che non sono ben tutelati, e alla fine arriveranno alla conclusione che potrebbe essere importante introdurre il sistema salariale minimo in Italia. Ma spetta al governo italiano e alle parti sociali farlo“, sottolinea.
Insomma la Direttiva, che dovrà essere approvata in via definitiva dal Parlamento e dal Consiglio Ue, fissa dei principi basilari. Sulla base di questi dovranno intervenire le regole nazionali. In Italia il recepimento – c’è tempo due anni – dovrà essere realizzato d’intesa con la contrattazione collettiva, che già fissa i minimi retributivi di buona parte dei settori produttivi. Ne è convinta una buona parte della classe politica che è intervenuta a commentare la novità, a partire dal Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.
Secondo quanto prevede l’accordo le regole del salario minimo dovrebbe intervenire a livello nazionale, in quei Paesi dove la contrattazione collettiva non raggiunge una soglia di copertura contrattuale tra il 70% e l’80%, stando ai due obiettivi fissati rispettivamente da Commissione e Parlamento europeo e all’interno dei quali dovrebbe essere trovato un compromesso.
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