Sono 60.727 i lavoratori metalmeccanici coinvolti in crisi di settore nel secondo semestre del 2022. Nonostante continuino le sofferenze sul piano finanziario e per i costi dell’energia, comunque, i dati sono incoraggianti: rispetto al primo semestre dell’anno scorso, infatti, i lavoratori metalmeccanici coinvolti in crisi di settore sono diminuiti di 10.140 unità (a giugno 2022 erano 70.687).
È quanto emerge dal report FIM-CISL sullo stato delle crisi nel settore metalmeccanico, pubblicato negli scorsi giorni.
I dati, come scritto, sono dunque confortanti. L’altro lato della medaglia però fa luce su una situazione non troppo rosea: il sindacato ha infatti censito 206 crisi aziendali. Si tratta per lo più di aziende sopra i 200 dipendenti per le quali da anni stentano a decollare piani di reindustrializzazione che ridiano slancio alle produzioni e all’occupazione.
Nel settore le maggiori criticità si rilevano per:
- la carenza di materie prime;
- gli aumenti del costo dell’energia (che ha messo in ginocchio soprattutto i comparti più energivori, come siderurgia e metallurgia);
- le incertezze e i costi legati alle transizioni green e digitali (che si fanno sentire nella siderurgia e nell’automotive).
Il riposizionamento delle catene del valore a livello globale sta impattando, inoltre, soprattutto sul settore degli elettrodomestici. Altre criticità che impattano sul settore, infine, sono la desertificazione industriale e occupazionale del Mezzogiorno e i troppi casi di mancata reindustrializzazione.