In vista del nuovo decreto Lavoro atteso per le prossime settimane, la ministra Marina Calderone è tornata a parlare anche di coloro che dal mondo del lavoro devono uscire, quindi delle pensioni.
L’obiettivo, come ripetuto più volte, è fissare l’uscita dal lavoro a 41 anni di contributi, a prescindere dall’età anagrafica. Ma ci sono le condizioni per applicare la cosiddetta quota 41? Ed è compatibile con le condizioni della finanza pubblica e con la struttura demografica italiana?
È quanto domandato da Il Messaggero direttamente alla ministra del Lavoro nel corso dell’intervista pubblicata sul quotidiano giovedì 2 febbraio, la quale ha risposto:
«La questione è presente nel confronto con le parti sociali e si faranno tutte le verifiche di sostenibilità necessarie. Il nostro focus, oltre ad analizzare altre ipotesi di anticipo pensionistico, tuttavia, è anche su misure che garantiscano la semplificazione del sistema attuale, specie nel dialogo tra le gestioni e i vari ordinamenti, oltre che nell’introduzione di benefici pensionistici più stabili, razionali e chiari per le categorie più deboli riconfermando la coerenza e la sostenibilità del sistema».
Insomma, nell’opinione della ministra la pensione con quota 41, che dunque abbandonerebbe il requisito anagrafico, sarebbe raggiungibile solo a due condizioni:
- col consenso dei sindacati (qualche sigla sindacale è restia e vorrebbe accompagnarla dai 62 anni di età);
- rispettando la sostenibilità del sistema.