Stipendi Scuola. Nel 1911 fu varata un’importante riforma della Scuola italiana, la riforma “Daneo-Credaro“, che vale la pena di ricordare.
Fu una riforma propedeutica alla grande riforma del 1923 (riforma Gentile).
Siamo quindi in piena “età giolittiana“, l’Italia sta per andare in guerra contro la Turchia per la “guerra di Libia” e il governo liberale, che ha bisogno di allargare i consensi parlamentari, fa una cosa geniale: spacca l’opposizione di sinistra facendo proprio il programma di minima del Partito Socialista.
Tra le principali riforme attuate ci sono appunto la riforma della Scuola e la concessione del suffragio universale maschile.
Qual era la differenza di stipendio tra uomini e donne nella Scuola?
Lo stipendio delle maestre, prima della riforma Credaro, era di 2/3 di quella di un maestro.
La riforma non solo parificò gli stipendi tra uomini e donne ma, nello stesso tempo, fu concesso un aumento di stipendio a tutti del 30%.
I maestri elementari diventano statali
Con la riforma del 1913 i maestri – da dipendenti comunali – diventano dipendenti dello Stato e la condizione economica migliora, tanto che subito gli stipendi scolastici raggiungono le 100 lire al mese.
La riforma avvantaggiava gli insegnanti che lavoravano nei comuni più poveri del Sud, dove poteva succedere che un maestro non venisse pagato mesi e mesi.
La Chiesa contraria alla riforma della Scuola
Ma si alza una voce fortemente contraria alla riforma.
La Chiesa Cattolica, che gestiva direttamente moltissime scuole, vede colpita una sua sfera di influenza da uno Stato che diventa concorrenziale.
In particolar modo c’era irritazione per la laicità dei programmi scolastici e per l’introduzione delle prime classi miste.
Il compromesso tra Stato liberale e Chiesa
Il Governo, dopo aver avuto l’appoggio dei Riformisti raggiunge con il Conte Gentiloni un compromesso per ottenere l’appoggio dei cattolici.
L’educazione scolastica era tra i punti fondamentali dell’accordo e la riforma venne modificata.
Le modifiche alla statalizzazione del personale e del stipendi della Scuola infatti escludeva i capoluoghi di provincia, dove forti erano gli interessi cattolici.
Possiamo concludere che fu una buona riforma, anche se annacquata da numerosi compromessi, dove l’istruzione veniva garantita in tutto il territorio e veniva sancita per la prima volta la parità di genere sulle retribuzioni.