Doverosa l’abolizione del Reddito di Cittadinanza per Giorgia Meloni, intervenuta sul palco del XIX Congresso nazionale della CGIL nella tarda mattinata di venerdì 17 marzo. La Presidente del Consiglio non ha mai nascosto la sua avversione verso il sussidio, concretizzatasi nell’ultima Legge di Bilancio che ha ridotto a 7 le mensilità di fruizione del RdC per tutti coloro che possono lavorare.
La Premier ha ribadito davanti a una platea “nemica” (e che l’ha salutata sulle note di Bella Ciao) che coloro che possono lavorare devono lavorare e che non è compito dello Stato, né tantomeno di chi lavora, mantenere i meno abbienti nella loro condizione di povertà. Il Reddito di Cittadinanza, sotto questo punto di vista, certamente non ne ha favorito l’uscita, anzi:
‹‹Considero doverosa l’abolizione del reddito di cittadinanza per chi è in grado di lavorare. Voglio rispondere al segretario Landini che nella sua relazione chiedeva provocatoriamente “che gli hanno fatto i poveri al governo?”: non ci hanno fatto niente. È esattamente per questo che non vogliamo mantenerli nella loro condizione di povertà come purtroppo ha fatto il reddito di cittadinanza. E per questo che vogliamo offrire loro la possibilità di uscire da quella condizione e l’unico modo che io conosco per uscire da quella condizione è il lavoro. Voglio farla anche io una domanda. Neanche nell’idea iniziale del Movimento 5 stelle il reddito di cittadinanza era stato previsto come una specie di vitalizio, era previsto come strumento transitorio: c’è gente che l’ha preso per tre anni e che ci si ritrova esattamente alla condizione di partenza. La domanda che ho da fare è: un ragazzo di trent’anni che prende il reddito di cittadinanza per tre anni, a 33 anni dopo tre anni è più ricco o più povero?››.
Insomma, il Reddito di Cittadinanza garantirebbe il mantenimento di una condizione di povertà, assistendo sì il percettore ma senza dargli alcuno strumento utile a creare ricchezza. Ed è proprio chi questa ricchezza la crea (i lavoratori quindi) che finanzia e mantiene i percettori del sussidio, con i proventi delle tasse pagate.
Utile sarebbe, invece, ‹‹proporre posti di lavoro dignitosi o inserire queste persone in percorsi di formazione, anche con un minimo di retribuzione durante la formazione in settori nei quali è richiesta la manodopera››. Della serie “dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno, insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita”.