La sospensione della vendita di auto a benzina e diesel dal 2035 rischia di mettere in ginocchio l’impresa dell’automotive italiana. Più degli altri Paesi europei, infatti, interventi di supporto si renderanno necessari se non si vuole incappare in un licenziamento di massa che potrebbe coinvolgere circa 73 mila impiegati nel settore.
A scattare questa fotografia impietosa sono i dati elaborati dall’Osservatorio nazionale automotive presentati giovedì 30 marzo al CNEL a Roma da Federmeccanica e Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Uilm-Uil.
Un peccato, se si considera che l’Italia è l’unica nazione tra Francia, Germania Spagna e Polonia (Paesi selezionati per l’indagine per via del loro ruolo sostanziale in Europa) che nel 2020, mentre era in corso una pandemia globale, ha registrato dati occupazionali positivi:
I dati presentati da Federmeccanica mostrano un’Italia che non è ancora del tutto pronta alla transizione ecologica, soprattutto per via della la forte presenza di attività legate alla propulsione del motore a combustione interna. Per evitare il peggio occorrono dunque interventi mirati e di supporto.
Secondo i sindacati il governo dovrebbe «accompagnare la transizione ecologica mettendo in campo ogni azione possibile», a cominciare dalle infrastrutture. Il confronto internazionale sulle colonnine di ricariche delle auto elettriche è spietato: in Italia ce ne sono 36 mila, di cui meno di 500 sulla rete autostradale, mentre in Germania e in Francia se ne contano più del doppio, rispettivamente 88 mila e 83 mila.